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LAVORARE PER VIVERE O VIVERE PER LAVORARE

Il lavoro occupa almeno un terzo della nostra vita in termini di tempo. Ore, giorni, settimane, mesi che diventano anni e decenni impegnati nell’investire le nostre risorse in un’attività che non può ridursi a semplice strumento per avere un corrispettivo economico, ma dovrebbe realizzarci pienamente come persone.

 

Trovo quindi che fermarsi e chiedersi se il nostro lavoro in cui investiamo tanto tempo, energie e risorse ci realizzi e ci renda felici sia fondamentale per ognuno di noi, senza in alcun modo darlo per scontato.

 

In questo senso l’attuale situazione di isolamento forzato per la pandemia in atto, ci viene incontro perché riesce a farci vivere con tutta la sua pragmatica portata, uno spaccato di vita che non avremmo mai potuto altrimenti sperimentare: un conto è dover fare uno sforzo per immaginare la nostra vita con un lavoro diverso mentre siamo immersi nella quotidianità di tutti i giorni, un altro è viverlo direttamente nel momento in cui siamo costretti a casa senza lavorare o lavorando in smart working, con un’esperienza reale di cosa significhi decidere in prima persona come organizzare il proprio tempo.

 

Sempre più mi rendo conto, incontrando i pazienti in studio o in modalità online, di come l’ambito lavorativo sia dato per scontato, come qualcosa di cui, pur non soddisfacendo,  non è possibile mettere in discussione. Riusciamo più facilmente a chiederci se siamo felici con chi stiamo insieme, se vale la pena proseguire i legami con i nostri amici, se sport, abitudini, routine e abbonamenti a tv sono in linea con i nostri interessi, ma il nostro lavoro è spesso come un tabù intoccabile che una volta guadagnato non merita di essere rivalutato obiettivamente nel tempo come tutto il resto che riempie la nostra vita.

 

Ricordo quando ero bambino come mi piacesse fare giochi di magia. Chiesi ai miei genitori per Natale una scatola con diversi trucchi e iniziai a dilettarmi facendo pratica, dalle illusioni ottiche ai trucchi più complessi che richiedevano esercizio nella manualità. Il gioco di magia ha  per sua natura quella di stupire, meravigliare, nascondere il trucco agli occhi di chi assiste e così dopo aver fatto pratica con mio fratello più piccolo, iniziai a organizzare uno spettacolo per zii e cugini. Preparai piccole sedie, un palcoscenico con un tavolino, le luci..all’ingresso feci pagare a tutti il biglietto di 500 lire per poter assistere. Avevo trasformato ancora senza saperlo una passione, in un ritorno economico che mi sarebbe servito per comprare nuove scatole e libri di magia.

 

felice-e-realizzato

 

Il tempo impiegato e le monete guadagnate non mi servivano in sé per essere felice e realizzato, ma era l’emozione di vedere negli occhi di chi mi guardava meraviglia e stupore a ripagarmi pienamente delle energie investite.

Eppure crescendo spesso dimentichiamo cosa ci rende felici e realizzati. Da adulti tendiamo a nascondere il bambino che è in noi, senza lasciargli spazio, barattando la felicità per la sicurezza e la strada conosciuta.

 

Ovviamente non nasciamo tutti con le stesse possibilità, c’è chi può permettersi di studiare e chi invece deve lavorare fin da giovane per mantenersi, ma penso che se consideriamo la nostra vita e il nostro tempo il bene più prezioso che esista, allora in prospettiva la cosa più importante rimanga quella, a prescindere dalle possibilità, di chiedersi sempre se siamo felici e realizzati.

 

La domanda in ultima analisi è “Lavoro per vivere o vivo per lavorare?”

 

Se ogni mattina al risveglio vuoi rimanere a letto perché il tuo lavoro non ti piace o se sogni di diventare abbastanza ricco per poter lasciare il lavoro, significa che il lavoro è un peso invece di qualcosa che ti realizza.

 

lavoro

 

Proviamo allora a non dare per scontato il nostro lavoro e farci poche semplici domande:

 

1. Cosa fai nel tuo tempo libero?

 

Come impegniamo il nostro tempo libero ci dice molto di noi e del modo in cui il lavoro impatta sulle nostre vite. Le persone che vivono per lavorare hanno molte difficoltà a dedicare a loro stesse il tempo libero con attività, passioni, hobby, sport perché il lavoro risulta totalizzante al punto da non lasciare spazio per nient’altro. Come un buco nero che tende a inghiottire ogni cosa la persona si identifica col proprio lavoro e tutto il resto rimane sullo sfondo. Nonostante il lavoro impegni già 5 giorni su 7 per la maggior parte del tempo a parte dormire, mangiare e spostarsi, le persone che vivono per lavorare tenderanno a utilizzare il poco tempo libero rimasto nel weekend per impegnare i propri pensieri, visualizzando immagini e scenari lavorativi con ulteriore aggravio di stress e ansia perché il lavoro li identifica e quindi senza il lavoro non sentono di esistere come persone dotate di desideri, passioni, bisogni.

 

2. Critica professionale o giudizio personale? 

 

Molte persone tendono a considerare le inevitabili critiche professionali come un attacco personale, un giudizio alla propria persona senza possibilità di appello. Se è vero che chiunque ha piacere nel ricevere un complimento per il proprio operato e a provare dispiacere nell’essere criticato, ci sono però persone per cui tale dinamica diventa totalizzante: la critica non è più vissuta per quello specifico lavoro, in quel determinato giorno e da quella persona, ma diventa un marchio di infamia che la persona vive come giudizio su sé stessa nella sua totalità. Queste persone tendono a dare per scontato ogni lavoro portato a termine positivamente, considerando invece ogni giudizio esterno negativo come un attacco a loro stessi. Se si vuole che il lavoro da “strumento”, diventi un “mezzo” grazie al quale vivere meglio, non si deve lasciare alle critiche la possibilità di risucchiare la propria energia e il proprio spirito vitale.

 

3. Quale equilibrio dedichi alle aree importanti della tua vita?

 

Se il lavoro è la tua vita e non esiste nient’altro, il rischio è che tutto nel bene e nel male dipenda da quest’unica area. Allo stesso modo di come per ogni investitore la regola d’oro è diversificare i propri investimenti, diventa fondamentale saper investire risorse in diverse aree di interesse, trovando un giusto equilibrio tra la sfera professionale e quella privata. L’ambizione e la volontà di ottenere valide performance in ambito lavorativo, dovrebbero essere bilanciate con altri fattori come la salute, la famiglia, lo sviluppo spirituale e l’ozio.

Provate a mettere sul piatto della bilancia il lavoro e la famiglia, vi aiuterà a capire se lavorate per vivere o se si vivete per lavorare. Se nell’antichità greci prima e romani poi celebravano l’otium, come un tempo prezioso da dedicare per attività disinteressate come lo studio con senz’altro fine che la conoscenza o la contemplazione intima di se stessi, è il cristianesimo a svalutare totalmente tale concetto, considerandolo come una trascuratezza dei propri doveri, la cui gravità dipende dall’importanza di ciò che non è stato fatto, fino a considerare l’accidia, cioè l’indolenza a operare il bene, come uno dei sette vizi capitali. Al di là del proprio credo religioso, ritengo che si possa considerare con flessibilità come costruire una quotidianità basata sull’equilibrio di diverse aree importanti in grado di realizzarci pienamente come persone.

 

4. Quanto il lavoro influenza i tuoi rapporti famigliari?

 

Non è possibile separare in compartimenti stagni le aree di vita di ciascuna persona: i problemi familiari influenzano il lavoro e viceversa. È inevitabile. Ma ciò che conta è l’importanza che si attribuisce ai diversi problemi. Qual è la priorità: la famiglia o il lavoro? Ci viene piuttosto semplice ad esempio fare in modo che i problemi dei nostri figli non interferiscano con il lavoro, ma molto più complesso è fare in modo che i problemi di lavoro non interferiscano nella vita familiare. Tensioni, problemi, ansie, paure e tutti i fattori di stress sul lavoro dovrebbero rimanere fuori dalla porta di casa.

 

Trascorrere la maggior parte della nostra giornata in un ambiente che consideriamo ostile e che non rispetta i nostri principi,valori,e desideri non potrà che avere ripercussioni, prima o poi, sulla nostra salute emotiva e così inevitabilmente, anche su quella fisica.

La nostra vita è troppo breve e preziosa per fare il lavoro sbagliato. Dedica del tempo per rifletterci, sarà sicuramente un investimento prezioso da dedicare a te stesso.

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