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HOMO IRRATIONALIS E PANDEMIA

 

La gestione delle nostre emozioni ai tempi del Coronavirus

 

Per quanto l’essere umano si illuda di compiere scelte su basi razionali, logiche e ben ponderate, le situazioni di crisi ci mostrano come le emozioni giochino un ruolo fondamentale, stravolgendo il castello di carte razionale su cui immaginiamo di vivere il presente e pianificare il futuro.

Lo sa bene chi si occupa di marketing che per vendere un prodotto non ce ne racconta le noiose doti razionali, bensì veicola emozioni positive connesse allo stesso, facendoci “vivere il sogno” come nell’esilarante imitazione che Crozza fa di Briatore.

Già nel 1986 Kahneman e Tversky proponevano l’idea che meglio dell’homo sapiens, fosse più adeguata la definizione di homo irrationalis, dal momento che le nostre scelte vengono compiute sulla base di euristiche, ovvero scorciatoie cognitive, profondamente intrise di emozioni.

Accade così che mentre le scelte razionali comunicate dalle autorità sanitarie e adibite a prevenire il contagio, informavano che le scorte alimentari non erano a rischio di terminare, i supermercati venivano affollati per rifornirsi ossessivamente di scorte alimentari, aumentando significativamente il rischio contagio.

Anche l’indicazione razionale di stare a casa propria in isolamento per evitare di diffondere il contagio a famigliari e amici, non ha sortito alcun effetto se come avvenuto stazioni di autobus, treni sono stati presi d’assalto in un contro-esodo nelle terre di origine con risvolti che si comprenderanno pienamente solo nei prossimi giorni.

La reazione emotiva più tipica in questi casi e che governa le nostre azioni è la paura, un’emozione primaria, fondamentale per la nostra tutela e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo ad attivare delle contromisure per proteggerci e ci saremmo già estinti da migliaia di anni, diventando facile preda di tigri dai denti a sciabola e altri ameni predatori.

Quando però la percezione di un pericolo permane nel tempo, la paura, da emozione nostra amica, rischia di trasformarsi in una compagna scomoda con panico o ansia generalizzata, tanto che un pericolo potenzialmente limitato e contenuto come il contagio, diviene uno stato costante di allarme.   Se poi si aggiunge che il virus per sua natura è invisibile, sfuggente, sconosciuto e facilmente trasmissibile, si comprende come sia semplice il passaggio da una paura limitata, adattiva, utile a un’ansia costante e pervasiva.

In questi giorni difficili è quindi utile tenere a mente pochi, ma semplici elementi essenziali che caratterizzano l’attuale pandemia:

  1. Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo: il coronavirus è un virus contagioso, ma come ha sottolineato l’OMS su 100 persone che si ammalano 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 hanno problemi più gravi e tra questi i decessi sono circa la metà ed in genere in soggetti portatori di altre importanti patologie.

L’Istituto Superiore di Sanita in data 13 Marzo comunicava alla stampa che “solo” 3 pazienti sono deceduti unicamente per il covid-19, dopo aver analizzato il 26,4% delle cartelle cliniche dei pazienti deceduti. Significa che l’1,1% muore solo di coronavirus e che quindi in tutti gli altri casi di decesso si tratta di comorbidità con altre patologie come possibile osservare dalla tabella sottostante.

Tabella 1. Patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti a seguito di infezione da COVID-2019

 Patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti a seguito di infezione da COVID-2019

*tabella originale Istituto Superiore di Sanità

  1. Non confondere una causa unica con un danno collaterale: molti decessi non sono causati solo dall’azione del coronavirus, così come è successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi. Finora i decessi legati al coronavirus stimati nel mondo sono cento volte inferiori a quelli che si stima causi ogni anno la comune influenza. E tuttavia questo 1% si aggiunge ed è percepito in modo diverso dai “decessi normali”. Finora nessuno si preoccupava di una forte variabilità annuale perché tutti i decessi venivano attribuiti all’influenza “normale”: nell’ultima stagione influenzale sono scomparsi 34.200 statunitensi e, l’anno prima, 61.099.
  2. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico, ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali, ma molto efficaci come lavarsi di frequente le mani e mantenere delle distanze di sicurezza.

Molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze, ma ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete. Succede così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci.

Dopo l’11 settembre ad esempio, il panico degli statunitensi per il volo in aereo fu tale che molti decisero di spostarsi in macchina. Nel periodo successivo sulle strade morì il doppio delle persone rispetto a quelle che viaggiavano sugli aerei catturati e abbattuti dai terroristi. Il panico si era tradotto in scelte individuali controproducenti che, aggregate, divennero un danno collettivo.

Nella figura sotto potete osservare la sproporzione tra le aree dei due cerchi che mostra quanta differenza c’è tra paure soggettive e pericoli oggettivi relativi a diverse situazioni. La figura mostra nella parte superiore i pericoli di cui si ha più paura di quanta se ne dovrebbe avere. In questi casi l’indignazione pubblica può suscitare panico e, di conseguenza, ansie sproporzionate e dannose. Nella parte inferiore, al contrario, ci sono i pericoli a cui siamo abituati e che non provocano paure.

A tu per tu con le nostre paure. Convivere con la vulnerabilità

(Fonte: Paolo Legrenzi, A tu per tu con le nostre paure. Convivere con la vulnerabilità, Il Mulino, 2019).

Si evince così il fenomeno delle paure nel loro complesso: l’indignazione pubblica sui media accentua alcune paure, come quelle per gli attacchi terroristici e i criminali armati, inducendo a sottovalutare altri pericoli oggettivi a cui invece siamo abituati. Le caratteristiche del panico per coronavirus lo avvicinano ai fenomeni improvvisi e impressionanti che inducono panico perché sollevano l’indignazione pubblica.

È difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi, la regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

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