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COSA SONO LE DIPENDENZE E QUANDO SI INTENDONO DIPENDENZE PATOLOGICHE?

Si può essere dipendenti da sostanze, ma anche da comportamenti specifici. Tutti noi abbiamo bene in mente la dipendenza da sostanze, meno diffusa è invece la conoscenza delle dipendenze da comportamenti, quali il gioco d’azzardo, il sesso, il lavoro e perfino lo studio.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la Dipendenza Patologica come una

condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo e una sostanza, caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni che comprendono un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione.

 

DIPENDENZE PATOLOGICHE

 

Le “dipendenze comportamentali senza sostanza” si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali, tra cui il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, la “new technologies addiction” (dipendenza da TV, internet, social network, videogiochi…), la dipendenza dal lavoro (workaholism), da sesso (sex–addiction) e dalle relazioni affettive, e alcune devianze del comportamento alimentare come l’ortoressia o dell’allenamento sportivo come la sindrome da overtraining.

Oggi le nuove scienze neurologiche propongono una teoria unitaria della dipendenza, per cui le dipendenze comportamentali e le dipendenze da sostanze sono considerate globalmente. Molti autori stanno infatti cominciando a considerare le “dipendenze da sostanze” (ad esempio da alcol) e le “dipendenze comportamentali” (ad esempio il gioco di azzardo patologico) come manifestazioni cliniche con diverse analogie tra loro e trattabili secondo approcci similari. Per questo si preferisce parlare di “dipendenza patologica”.

 

Sia le classiche dipendenze da sostanze che le dipendenze comportamentali presentano numerosi elementi in comune:

  • Inizialmente vengono ricercate per il piacere e il sollievo che ne derivano: è la fase della “luna di miele”, durante la quale è anche quasi sempre presente la negazione del problema;
  • La sostanza (o il comportamento) domina costantemente il pensiero: vi è l’impossibilità di resistere all’impulso di assumerla (o di eseguire il comportamento), vissuta con modalità compulsiva;
  • Presenza del craving: desiderio crescente o stato di tensione che precede l’assunzione della sostanza (o la messa in atto del comportamento);
  • Presenza diinstabilità dell’umore: inizialmente precedente l’assunzione della sostanza (o del comportamento), successivamente sempre più generalizzata;
  • Presenza di tolleranza, ovvero progressiva necessità di incrementare la quantità di sostanza (o di tempo dedicato al comportamento) per ottenere l’effetto piacevole;
  • Presenza di una crescente sensazione di perdita del controllo sull’assunzione della sostanza (o sull’esecuzione del comportamento);
  • Presenza di un profondo disagio psichico e fisico quando s’interrompe o si riduce l’assunzione della sostanza (o il periodo dedicato al comportamento);
  • L’uso della sostanza (o l’esecuzione del comportamento) continuano nonostante le progressive e sempre più gravi ricadute sul funzionamento personale e interpersonale (sfera lavorativa, affettiva, amicale, personale…);
  • Frequente tendenza a riavvicinarsi alla sostanza (o al comportamento) dopo un periodo di interruzione (fenomeno della ricaduta);
  • Elevata frequenza dell’assunzione di più sostanze (o dell’esecuzione di più comportamenti), nonché di passaggio da una dipendenza a un’altra;
  • La somiglianza dei principali fattori di rischio: impulsività, sensation-seeking, capacità metacognitive disarmoniche, inadeguato ambiente genitoriale.

 

Trattamento: La Terapia Cognitivo-Comportamentale è il trattamento più indicato nelle dipendenze comportamentali, essendo basata su evidenze scientifiche, ed è utile anche nelle dipendenze da sostanze.

La chiave di questa efficacia risiede nell’attenzione che tale approccio pone sullo sviluppo del senso di auto-efficacia del paziente rispetto alla propria patologia, sul potenziamento delle abilità di coping (ovvero abilità di fronteggiamento dello stress) che riducono progressivamente le aspettative positive che il paziente ripone nel comportamento di dipendenza e sulla collaborazione che si instaura tra paziente e terapeuta nella risoluzione del problema e nella prevenzione delle ricadute, poiché i suoi effetti sono durevoli nel tempo e si registrano miglioramenti anche a trattamento concluso (Epstein et al., 2003; Rawson et al., 2006).

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QUALI SONO LE DIPENDENZE PATOLOGICHE?

Il Disturbo da Dipendenza da Sostanze è un disturbo in continua espansione a causa delle caratteristiche sociali, ambientali e culturali che sono proprie della nostra società attuale che richiede livelli di adattamento allo stress sempre più elevati.

La dipendenza da sostanze tende sempre più a presentarsi sotto forma di “poli-abuso”, con dipendenza da molteplici sostanze (Wish et al., 2006; Khong et al., 2004; Schifano et al., 1998) oppure ad associarsi a forme comportamentali di dipendenza come il gioco d’azzardo, il gioco on-line patologico, la dipendenza da cibo, la dipendenza da sesso, etc. (Fanella, 2010).

 

Con il termine di “tossicodipendenza” l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce una “malattia ad andamento cronico e recidivante che spinge l’individuo, in maniera coatta, ad assumere sostanze a dosi crescenti o costanti per avere temporanei effetti benefici soggettivi, la cui persistenza è indissolubilmente legata alla continua assunzione della sostanza”.

 

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), la categoria “Disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze” ha conosciuto cambiamenti sostanziali rispetto alle edizioni precedenti del DSM: le categorie di “abuso” e “dipendenza da sostanze” sono state infatti riunificate in un unico disturbo, misurato su un continuum da lieve a grave, i cui criteri per la diagnosi (quasi identici ai precedenti criteri), sono stati uniti in un unico elenco di 11 sintomi.

 

Per fare diagnosi il DSM-5 pone le seguenti condizioni per il Disturbo da Uso di Sostanze:

  1. Tolleranza: fenomeno per il quale è necessario intensificare il comportamento di uso (ad esempio aumentando la quantità di droga da usare o la frequenza delle assunzioni) per raggiungere i medesimi effetti sull’organismo.
  2. Astinenza: essa si caratterizza per la presenza di sintomi emotivi o fisici che si manifestano quando il soggetto non può mettere in atto il comportamento di assunzione.
  3. Interruzione o riduzione delle attività sociali, lavorative o ricreative: l’uso di droghe e l’instaurarsi del disturbo provocano una serie di danni sul funzionamento della persona che ne fa uso (conflitti con le persone affettivamente importanti, problematiche lavorative, influenze sulla considerazione di sé, etc…) che aumentano per intensità, ledendo progressivamente il paziente.
  4. Tentativi infruttuosi di ridurre e controllare l’uso: è frequente che il paziente, prima di chiedere formalmente aiuto allo psicologo o ai servizi, abbia tentato da solo di ridurre l’uso o di “controllarlo”. Generalmente si osserva una fase in cui il paziente è fermamente convinto di poter da solo limitare le proprie condotte realizzando una modalità d’uso conciliabile (ma solo idealmente) con il resto della sua vita, dei suoi impegni e dei suoi doveri.
  5. Dispendio di tempo: quando il disturbo si instaura, o va instaurandosi, un criterio da guardare è quello del tempo che il paziente dedica alla ricerca, all’utilizzo o al riprendersi dagli effetti della sostanza. Tanto più la dipendenza è conclamata tanto maggiore sarà il tempo che alla sostanza è dedicato nel corso di una giornata, fino a divenire l’unica attività presente, nei casi più gravi.
  6. Perdita di controllo sull’uso: il comportamento patologico di uso della sostanza tende a verificarsi nonostante le conseguenze negative che ha evidentemente apportato nel corso del tempo e nonostante le consapevolezze della persona al riguardo (il comportamento di uso diviene “compulsivo”).
  7. Uso continuativo nonostante la consapevolezza che la droga rappresenti un problema: molti pazienti non si fermano nemmeno a fronte dell’insorgere di gravi rischi per la salute oppure davanti a nette crisi familiari.
  8. Uso ricorrente con incapacità ad adempiere i propri compiti: molti pazienti perdono il loro lavoro a causa delle assunzioni di droga, interrompono il corso degli studi, oppure divengono incapaci ad assolvere i loro compiti familiari o genitoriali.
  9. Uso in situazioni a rischio: nel corso del tempo la capacità di stimare il rischio associato alle assunzioni si riduce progressivamente, divenendo le assunzioni compulsive può accadere di sentirsi “costretti” a fare uso nonostante ci si debba mettere alla guida o si debbano svolgere compiti di precisione che non possono essere “razionalmente” conciliabili con lo stato di alterazione dato dalle sostanze.
  10. Uso ricorrente nonostante ciò determini problemi sociali o interpersonali: come precedentemente affermato l’uso di droga diviene saliente, anche a discapito delle proprie relazioni affettive.
  11. Craving: desiderio impellente della sostanza.

 

DIPENDENZE PATOLOGICHE

 

Le più comuni Dipendenze da sostanze sono:

  • Dipendenza da eroina
  • Dipendenza da cocaina
  • Dipendenza da alcol
  • Dipendenza da allucinogeni
  • Dipendenza da cannabis
  • Dipendenza da caffeina e energy drink

 

La ricerca clinica ha confermato le forti similitudini di queste nuove dipendenze, in cui al posto di una “sostanza” vi è una “attività”, un “comportamento”: l’autocontrollo è in crisi, la compulsione ad agire limita la libertà e la resilienza della persona, la mente è fortemente occupata come in preda al craving, la persona tenta di resistere alla tentazione, ma spesso cade preda dell’impulsività del momento, innescando quel circolo di astinenza e ricaduta ben noto nelle tossicodipendenze.

Il contributo delle neuroscienze (studi sul cervello) è stato prezioso per evidenziare come queste Dipendenze Comportamentali coinvolgano gli stessi circuiti neurali del piacere e del rinforzo evidenziati nelle tossicodipendenze. A conferma di ciò, Potenza (2006) e Tao et al. (2010) hanno proposto modelli neurobiologici analoghi tanto per le dipendenze da sostanza quanto per il gioco d’azzardo problematico e per il disturbo da dipendenza patologica da Internet. Proprio in virtù di queste evidenze, l’American Psychitric Association (2013), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2008) e l’American Society for Addiction Medicine (2010) hanno riconosciuto l’esistenza di “Dipendenze Patologiche Comportamentali” di varia entità e con diversi, sebbene analoghi, caratteri clinici.

 

La “scoperta” delle Nuove Dipendenze non è stata una semplice aggiunta a fianco all’elenco delle tossicodipendenze, ma ne ha rivoluzionato completamente il concetto. Il punto fondamentale è stato il cambiamento della definizione della patologia stessa, non essendo più imputabile all’azione di una sostanza stupefacente, bensì al rapporto. Si è passati quindi dal concetto di dipendenza come patologia dovuta al consumo di sostanze, al concetto di Dipendenza Patologica, ponendo maggiormente enfasi al legame patologico che si instaura tra l’individuo e l’oggetto della sua dipendenza, dove l’oggetto può essere sia una sostanza (dall’eroina, al cibo, al fumo…), che un comportamento (dal ciclismo, all’acquisto di beni, ad un lavoro…), o anche una relazione (dall’amicizia, alla coppia alla famiglia).

 

Un aspetto peculiare delle dipendenze comportamentali è che esse coinvolgono pulsioni “comuni” (come sesso, cibo, amore, denaro…) che divengono però patologiche nella misura in cui raggiungono un certo livello di eccesso e di pericolosità per la persona. Il carattere distintivo della dipendenza comportamentale resta sempre e comunque l’incapacità dell’individuo di mitigare il comportamento nonostante le conseguenze negative che osserva nel suo funzionamento quotidiano.

 

I comportamenti e i processi legati alla dipendenza comportamentale sono volti a dare piacere, rappresentano spesso una via di uscita dalla sofferenza emotiva o fisica e sono caratterizzati dalla incapacità a controllare la messa in atto del comportamento e l’insorgere di importanti conseguenze negative per la vita della persona.

 

Il confine che separa patologico e sano è più sottile e nascosto rispetto alle tossicodipendenze. Le chiavi di lettura della patologia non sono tanto fuori, quanto dentro la persona. Per distinguere lo status delle dinamiche psicologiche occorre una maggiore sensibilità alle proprie dinamiche interne, maggiore consapevolezza di sé, maggiore introspezione. È sul confine (spesso soggettivo) che “si gioca la partita”.

“La differenza tra un sano entusiasmo, sebbene eccessivo, e la dipendenza patologica è che i sani entusiasmi arricchiscono la vita, mentre le dipendenze la impoveriscono” (Griffiths; 2005).

 

DIPENDENZE

 

Trattamento: Nei precedenti trattamenti delle tossicodipendenze il macro-obiettivo generale era quello di allontanare la persona dall’oggetto della propria dipendenza (la sostanza), impedendone così l’assunzione. Ad esempio, l’alcolista sa che non potrà più bere, perché una nuova assunzione riattiverebbe, a livello sia fisiologico che psicologico, le dinamiche che l’hanno portato alla dipendenza, provocando una “ricaduta”. L’oggetto è visibile, spesso anche illegale o vincolato dalla legge (es: guidare in stato di ebrezza o fumare in luoghi pubblici) e contrastato dalle campagne sociali (come la somministrazione di alcol e fumo a minori o a donne in gravidanza).

 

L’evitamento dell’oggetto è più complesso nelle dipendenze patologiche comportamentali. Ogni persona avrà il suo gruppo di comportamenti, attività, luoghi ed eventi da evitare. In caso di dipendenza da sesso potrà essere necessario bloccare i canali pornografici nell’abbonamento tv. Nella dipendenza da cibo potrebbe essere buono seguire una dieta personalizzata, magari evitando il pane o “cibi spazzatura”. Nella dipendenza da internet sarà opportuno disinstallare certi programmi e così via. D’altro canto, alcune delle Nuove Dipendenze Comportamentali hanno come oggetto attività accettate o perfino promosse socialmente (come lo sport), o necessarie (come shopping e lavoro), per cui non è possibile semplicemente “eliminarle”. Pensiamo ad esempio al sesso o al cibo: eliminarli significherebbe sfociare in condizioni altrettanto patologiche, come il Disturbo del Desiderio Sessuale o l’Anoressia. Per non parlare delle Dipendenze Affettive, che si manifestano in campo relazionale. L’essere umano è in costante interazione con sé stesso e col mondo esterno, quindi nel trattamento delle Dipendenze Comportamentali, spesso la parola-chiave non è “separazione”, bensì un legame diverso che passi attraverso il cambiamento, l’evoluzione e il benessere di tutta la persona.

La Terapia Cognitivo-Comportamentale è il trattamento più indicato per le dipendenze comportamentali. Questo approccio analizza le catene tra pensieri e comportamenti messi in atto dal paziente al fine di giungere a strategie gestionali più proficue: i pazienti si impegnano a conoscere le caratteristiche delle loro dipendenze, ad individuare e gestire al meglio le situazioni ad alto rischio ricaduta, ad attuare comportamenti alternativi più consoni, ad apprendere strategie di gestione dello stress più efficaci. Gli “errori” sono analizzati in modo non giudicante, come esperienze da cui trarre insegnamento, per consolidare i risultati raggiunti e perfezionare la prevenzione di future ricadute. L’approccio Cognitivo-Comportamentale può prevedere anche il coinvolgimento di familiari e dell’ambiente in cui è inserito il paziente, al fine di promuovere un completo ripristino del benessere precedente all’instaurarsi della dipendenza.

Le dipendenze comportamentali più comuni sono:

  • Dipendenza da gioco
  • Dipendenza da internet
  • Dipendenza da videogiochi
  • Dipendenza da social network
  • Dipendenza da cellulare
  • Dipendenza da shopping
  • Dipendenza sessuale
  • Dipendenza da porno
  • Dipendenza affettiva
  • Dipendenza da lavoro
  • Dipendenza da esercizio fisico

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