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COSA SONO I DISTURBI DEL SONNO?

Dormire è un’esigenza primaria dell’essere umano, che dedica a questa attività circa un terzo della propria esistenza. Tuttavia, il bisogno di dormire differisce da individuo a individuo e si modifica nel corso della vita, tendendo a diminuire con l’avanzare dell’età. Così, se a un neonato servono in media dalle 18 alle 20 ore di sonno al giorno, a un anziano possono bastarne anche soltanto quattro o cinque per notte. La durata del sonno non è, quindi, sufficiente a definire una condizione di insonnia: è necessario considerare anche la qualità del riposo e gli effetti che questo determina sul piano psicofisico.

Dormire poco o male può avere ripercussioni considerevoli sulla qualità di vita durante il giorno. La stanchezza, fisica e mentale, che segue una notte agitata riduce le prestazioni scolastiche e lavorative ed espone a un maggior rischio di incidenti. Un riposo insufficiente, protratto per più giorni o settimane, incide sul tono dell’umore, sulla capacità di reagire allo stress e sulla possibilità dell’organismo di difendersi dalle malattie. L’irritabilità e il nervosismo che si aggiungono alla stanchezza, inoltre, rendono meno disponibili verso gli altri e possono compromettere la qualità delle relazioni familiari e sociali. Per tutte queste ragioni, anche quando si presenta in modo occasionale, un disturbo del sonno non dovrebbe mai essere trascurato. Non di rado, poi, l’insonnia non è fine a sé stessa, ma rappresenta uno dei campanelli d’allarme che segnalano la presenza di altre malattie fisiche o mentali da trattare in modo specifico oppure vi si aggiunge, peggiorandone ulteriormente i sintomi e, in alcuni casi, la prognosi.

 

INSONNIA

QUALI SONO I DISTURBI DEL SONNO?

È caratterizzato dalla predominante insoddisfazione relativa alla quantità e/o alla qualità del sonno associata a uno dei seguenti elementi:

1) difficoltà a iniziare il sonno (nei bambini può manifestarsi la necessità d’intervento della persona che se ne prende cura);

2) difficoltà a mantenere il sonno caratterizzata da frequenti risvegli o problemi a riaddormentarsi;

3) risveglio precoce al mattino con difficoltà a riaddormentarsi.

 

INSONNIA

 

Hai un’insonnia iniziale se impieghi più di 20-30 minuti ad addormentarti. Un’insonnia intermedia centrale se il tuo sonno è interrotto da risvegli, ciascuno della durata superiore ai venti minuti, dopo i quali fatichi a riaddormentarti. Un’insonnia terminale se dormi meno di sei ore e mezza per notte, cioè, per esempio, se prendendo sonno a mezzanotte ti risvegli prima delle 6:30.

 

La difficoltà a dormire rende difficile svolgere gli impegni giornalieri. L’insonnia può esprimersi, oltre che con i sintomi descritti al punto precedente, anche con la sonnolenza diurna, la facile faticabilità, la mancanza d’energie, i deficit di memoria e di concentrazione. Forse ti senti demoralizzato in vista di altre notti in bianco, oppure irritato per la sensazione di non essere capito, che il problema sia sottovalutato o minimizzato dagli specialisti a cui ti sei rivolto o da chi ti sta accanto.

I sintomi si ripresentano in modo persistente. Questo criterio serve a differenziare l’occasionale difficoltà a dormire da quella abituale: l’insonnia episodica, infatti, di solito è dovuta a eventi circostanziati, per esempio stress di coppia o lavorativi, e dura un massimo di 30-90 giorni. Nell’insonnia ricorrente, invece, si verificano due o più episodi all’anno, ciascuno della durata compresa fra 1 e 3 mesi. Infine, nell’insonnia cronica i sintomi si ripetono per almeno 3 volte alla settimana, per più di 3 mesi. Una precisazione: con l’espressione “cronica” non si intende che non possano verificarsi periodi di parziale o totale remissione dei sintomi, quindi, per esempio, per diverse notti, ogni tanto, il sonno non possa tornare a essere regolare e ristorativo.

 

INSONNIA

 

I fattori specifici che contribuiscono a mantenere l’insonnia sono molteplici e spesso interagenti tra loro meccanismi cognitivi, affettivi e comportamentali (e.g., Morin & Espie, 2004). Si crea una sorta di circolo vizioso: le preoccupazioni e ruminazioni legate al non riuscire a dormire e agli effetti di una notte insonne sulle attività del giorno dopo, provocano un’attivazione del sistema nervoso che rende a sua volta difficile il sonno. Anche le credenze irrealistiche sul sonno e sul bisogno di sonno, che tendono ad aumentare le preoccupazioni sull’insonnia e ad alimentare l’attivazione e l’ansia, producono uno stato di stress che mantiene il disturbo del sonno.

Spesso l’insonnia, oltre che essere motivo di disagio psicologico, ne è l’effetto. Appena coricato, la testa ti si affolla di pensieri incontrollabili sul futuro, sugli impegni da sbrigare l’indomani, sulla giornata appena trascorsa? Il sonno ritardato può essere dovuto al rimuginio ossessivo.

Ti risvegli nelle ore centrali della notte e hai difficoltà a riprendere sonno? Potrebbe essere per via della regolazione tonica verso l’alto dell’arousal del tuo sistema nervoso, cioè di un’attività fisiologica che non cala nemmeno nelle ore notturne, tipico delle sindromi ansiose.

Infine, sia il sonno superficiale sia i risvegli prematuri, nei casi estremi già una, due ore dopo la mezzanotte, possono essere causati dall’umore basso, ossia dalla distimia e dalla depressione.

 

INSONNIA

 

Cause: i fattori sottostanti all’insonnia sono molteplici e di diversa natura. Come appena descritto, le preoccupazioni e ruminazioni legate al non riuscire a dormire e agli effetti conseguenti ad una notte insonne sulle prestazioni lavorative del giorno dopo, provocano un’attivazione del sistema nervoso che rende difficile il sonno.

Inoltre, spesso i tentativi di soluzione che le persone insonni mettono spontaneamente in atto per contrastare l’insonnia sono controproducenti alimentando il disturbo. Per esempio, gli insonni spesso fanno sonnellini pomeridiani o cercano di andare a letto prima, nella speranza di addormentarsi prima e recuperare il sonno perduto. In realtà anche se potrebbero sembrare comportamenti sensati quando si dorme poco, questi sono proprio alcuni di quei tentativi di soluzione che non fanno altro che peggiorare il problema.

A questi fattori si aggiungono poi delle credenze irrealistiche sul sonno e sul bisogno di sonno, che tendono ad aumentare le preoccupazioni sull’insonnia e ad alimentare l’attivazione e l’ansia producendo un circolo vizioso che mantiene il disturbo.

Infine, anche le abitudini di vita come l’orario in cui ci si mette a letto, il consumo di alcolici, caffeina, l’alimentazione e l’attività fisica possono alterare il nostro sonno provocando insonnia.

 

Trattamento: Negli ultimi anni diversi studi hanno mostrato come in alcuni casi sia difficile diagnosticare se l’insonnia sia un disturbo primario o conseguente a un altro disturbo, soprattutto nei casi di disturbi d’Ansia e dell’Umore (es. Depressione). In entrambi i casi il suo trattamento ha effetti benefici sia sul sonno che sulla patologia co-presente.

La cura dell’insonnia oggi prevede sia l’uso di farmaci (ipnoinducenti, generalmente benzodiazepine) sia trattamenti non-farmacologici. Mentre i farmaci per l’insonnia possono essere più indicati per la cura dell’insonnia occasionale o situazionale, i trattamenti non-farmacologici sono la terapia di scelta per l’insonnia cronica.

La terapia maggiormente accreditata è il Trattamento Cognitivo-Comportamentale dell’insonnia: un intervento psicologico, individuale o di gruppo, basato su tecniche che hanno mostrato una significativa efficacia per la cura dell’insonnia.

La prima fase dell’intervento prevede un’accurata valutazione del tipo di insonnia al fine di stabilire la tipologia di trattamento migliore per il paziente. Verranno valutati i diversi aspetti alla base dell’insonnia allo scopo di modificare tutti quei comportamenti che influenzano negativamente il sonno e mantengono il disturbo d’insonnia. Ciò verrà effettuato sviluppando, di volta in volta con il paziente, un protocollo d’intervento che agisca su tutti quei fattori fisiologici, cognitivi e comportamentali che mantengono appunto il disturbo.

Ognuno di questi fattori verrà trattato con interventi mirati che hanno dimostrato una solida efficacia in studi sperimentali, tra cui: tecnica del controllo dello stimolo, restrizione del sonno, terapia cognitiva, tecniche di rilassamento e Mindfulness. In particolar modo, la terapia cognitiva avrà un ruolo rilevante in tutti quei casi in cui l’insonnia è associata ad altri disturbi come i disturbi d’ansia e dell’umore.

 

L’ammontare totale di sonno di chi soffre di ipersonnolenza può arrivare a 20 ore al giorno, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita, uguali e contrarie a quelle date dall’insonnia.

 

INSONNIA

 

Il DSM-5 definisce Disturbo da Ipersonnolenza l’eccesso di sonnolenza diurna. 

Ecco i sintomi principali:

1) Il sonno notturno non è ristoratore. Nonostante la notte tu dorma il giusto, di giorno hai sonnolenza. Frequenti sonnellini diurni potrebbero durare anche più di un’ora e verificarsi, in particolare, in condizioni di bassa stimolazione, leggendo un libro, guardando la tv, perfino guidando per lunghi tragitti su tratti rettilinei, per esempio in autostrada.

2) Fai fatica a ridestarti o a rimanere sveglio. Durante il giorno ti senti confuso, fai fatica a muoverti, a concentrarti e a prestare attenzione, come se fossi ubriaco. Questi sintomi potrebbero attenuarsi nei giorni feriali, grazie alla stimolazione data dagli impegni lavorativi, e aggravarsi nel weekend.

3) L’ipersonnolenza è frequente. Il disturbo si definisce lieve se l’ipersonnolenza si verifica uno, due giorni alla settimana; moderato se tre, quattro giorni alla settimana; grave se cinque o più giorni alla settimana. Con una durata dei sintomi pari o superiore a 3 mesi il disturbo si definisce persistente. L’ipersonnolenza che dura fra 1 e 3 mesi è detta subacuta, è acuta quella che dura meno di 30 giorni.

4) L’eccessiva sonnolenza diurna ti impedisce di svolgere gli impegni quotidiani o mette a rischio l’incolumità tua o di altri, per esempio al lavoro, se utilizzi macchinari, oppure quando sei alla guida dell’auto.

Come l’insonnia, in genere l’ipersonnolenza inizia nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, fra i 17 e i 24 anni, sebbene chi ne soffre, a volte, riceva diagnosi fino a dieci, quindici anni dopo l’esordio dei sintomi.

Per via di tali manifestazioni cliniche si ritiene che alla base del problema vi siano disfunzioni mesencefaliche, limbiche e ipotalamiche, cioè della porzione sottocorticale dell’encefalo.

 

È caratterizzata da periodi ricorrenti di irrefrenabile bisogno di dormire, di attacchi di sonno o di sonnellini che si verificano nello stesso giorno con episodi di cataplessia cioè episodi di perdita bilaterale improvvisa del tono muscolare che può causare caduta a terra della persona spesso in associazione a emozioni intense come allegria, rabbia, paura o sorpresa (nei bambini o negli individui con esordio della narcolessia entro i sei mesi possono presentarsi smorfie spontanee o episodi di apertura della mascella con protrusione della lingua o ipotonia globale senza evidenti stimoli emozionali). L’intervento psicologico può essere di supporto per narcolessia dovuta a specifiche condizioni mediche mentre può essere riabilitativo per narcolessia dovuta a condizioni psicologiche.

 

Tra questi disturbi vi sono: 

APNEA/IPOPNEA OSTRUTTIVA DEL SONNO:

1) Almeno cinque apnee o ipopnee ostruttive per ora di sonno associate a disturbi della respirazione notturna (russamento, sbuffamenti/rantoli, pause respiratorie durante il sonno) e/o sonnolenza diurna, astenia o sonno non ristoratore nonostante una sufficiente opportunità di dormire oppure

2) Quindici o più apnee e/o ipopnee ostruttive per ora di sonno anche in assenza di sintomi concomitanti. 

 

APNEA CENTRALE DEL SONNO: 

Cinque o più apnee centrali per ora di sonno. Tre le specificazioni: apnea centrale idiopatica del sonno (causato da variazioni dello sforzo respiratorio ma senza ostruzione evidente delle vie respiratorie); respiro di Cheyne-Stoke (variazioni in crescendo-decrescendo del volume respiratorio accompagnati da frequenti risvegli); apnea centrale del sonno in comorbilità con uso di oppiacei. 

 

IPOVENTILAZIONE CORRELATA AL SONNO: 

Episodi di diminuita respirazione associati a livelli elevati di CO2. Tra le specificazioni: ipoventilazione idiopatica; ipoventilazione alveolare centrale; ipoventilazione correlata al sonno in comorbilità.

Sono caratterizzati da un quadro persistente o ricorrente di interruzione del sonno dovuto principalmente a un’alterazione del sistema circadiano (luce-buio, giorno-notte) o a un disallineamento tra il ritmo circadiano endogeno e il ritmo sonno-veglia richiesto dalle condizioni fisiche di un soggetto oppure imposto dagli impegni sociali o lavorativi che porta a eccessiva sonnolenza e/o a insonnia. Tra le specificazioni troviamo i seguenti tipi:

1) tipo fase di sonno ritardata; 

2) tipo fase di sonno anticipata; 

3) tipo ritmo sonno-veglia irregolare; 

4) tipo ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore; 

5) tipo lavoro con turni.

Secondo la più recente classificazione dei disturbi del sonno, le Parasonnie rappresentano un gruppo ampio ed eterogeneo di disturbi del sonno che consistono in “manifestazioni indesiderate che accompagnano il sonno e che spesso sembrano finalizzate al raggiungimento di un obiettivo. In alcuni casi possono causare traumi e disturbare il sonno del paziente o di chi gli sta vicino”.

 

INSONNIA

 

Le diverse forme di Parasonnia vengono classificate in base alla loro occorrenza durante le diverse fasi del sonno:

1. Parasonnie del sonno NON-REM (disordini dell’arousal)

2. Parasonnie solitamente associate al sonno REM

3. Altre parasonnie

 

1)     PARASONNIE DEL SONNO NON-REM

Rappresentano un gruppo di manifestazioni motorie complesse che si verificano durante il sonno NONREM, soprattutto durante la fase di “sonno profondo” che appare maggiormente rappresentato nella prima parte della notte. Per tale motivo, queste manifestazioni si verificano più frequentemente entro 1-2 ore dall’addormentamento. Un episodio mediamente dura qualche minuto ma la sua durata può essere molto variabile: da qualche secondo fino anche a 30 minuti. Solitamente le parasonnie del sonno NREM insorgono in età infantile (probabilmente per l’alta rappresentazione del sonno profondo durante tale fase della vita) e tendono a ridursi o scomparire con l’età adulta. Spesso esiste una familiarità per tali episodi, che possono essere scatenati da alcuni fattori quali la deprivazione di sonno, cicli sonno-veglia irregolari, febbre, infezioni, alcol, alcuni farmaci e altri disturbi del sonno tra cui le apnee notturne. Spesso i pazienti non conservano alcun ricordo degli episodi stessi, le cui caratteristiche cliniche possono essere molto eterogenee. 

Si distinguono 3 differenti tipi di manifestazioni (che si possono verificare anche nello stesso soggetto) che, secondo le interpretazioni più recenti, rappresentano un continuum dello stesso fenomeno, con diversi gradi di complessità.

A. Risvegli Confusionali

Episodi di risveglio parziale non associati a deambulazione o disturbi autonomici (il bambino sembra sveglio ma è confuso, disorientato, a volte aggressivo, non risponde adeguatamente agli ordini, può parlare, ma in modo incoerente).

B. Sonnambulismo

Episodi caratterizzati da comportamenti automatici più o meno complessi, finalistici o afinalistici (come camminare, mangiare, bere, uscire di casa…).

C. Terrori Notturni

Episodi di risveglio parziale, spesso ad esordio improvviso, con espressione di terrore, intensa agitazione, sudorazione, pallore, respiro affannoso, tachicardia (il bambino urla, è inconsolabile, poco responsivo alle stimolazioni ambientali e non riconosce i genitori).

Il primo passo nella gestione di tali episodi consiste nel rassicurare i pazienti e i suoi familiari circa la natura e l’evoluzione benigne delle manifestazioni. Spesso non è necessario intraprendere una terapia farmacologica che viene riservata solamente ai casi in cui le manifestazioni appaiono particolarmente frequenti, violente o sono causa di sonnolenza diurna. Occorre tuttavia informare il paziente e i familiari circa il rischio di traumi anche importanti che si possono verificare durante gli episodi, consigliando di intraprendere misure di sicurezza. Infine, per ridurre la frequenza degli episodi è necessario informare il paziente circa i fattori potenzialmente scatenanti (un ritmo sonno-veglia irregolare, la deprivazione di sonno, il consumo di alcol, l’assunzione di alcuni farmaci).

 

2)     PARASONNIE SOLITAMENTE ASSOCIATE AL SONNO REM

A. Disturbo Comportamentale In Sonno Rem (Rem Sleep Behavior Disorder – Rbd)

Il sonno REM rappresenta quella fase del sonno, maggiormente rappresentata nella seconda parte della notte, in cui si assiste ad una quasi completa perdita di tono della muscolatura volontaria e durante la quale si verifica l’attività onirica più intensa. Il disturbo comportamentale in sonno REM (RBD) si contraddistingue per la perdita della fisiologica atonia muscolare. Per tale motivo, durante gli episodi, che si verificano più frequentemente nella seconda parte della notte, i pazienti presentano una eccessiva attività motoria, spesso caratterizzata da comportamenti bruschi (come urlare, tirare pugni e calci), in rapporto al contenuto dei loro sogni. Spesso, infatti, i pazienti riferiscono sogni a contenuto negativo, che essi “agiscono” compiendo azioni violente, che possono assumere caratteristiche di aggressività ad esempio verso il partner di letto. Tali manifestazioni, quindi, comportano un alto rischio di traumi sia per il paziente che per chi gli sta vicino. La loro durata solitamente è compresa tra 2 e 10 minuti e la frequenza può essere molto varia: da episodi settimanali o mensili a pluri-notturni (4-5/notte).

L’RBD colpisce più frequentemente il sesso maschile e solitamente insorge in età adulta-anziana (60-70 anni). Se ne riconosce una forma idiopatica (60% casi) mentre nel 40% si può associare ad alcune patologie neurodegenerative, come Parkinson, Atrofia Multisistemica e alcune forme di demenza. In alcuni casi può precedere l’insorgenza di tali disordini neurologici anche di 5-10 anni.

La diagnosi di RBD viene formulata sulla base delle caratteristiche degli episodi riportate dal paziente e dal partner di letto e dovrebbe essere confermata dalla esecuzione di una Video-Polisonnografia.

Esistono trattamenti farmacologici (ad es. con Clonazepam) che risultano molto efficaci nella riduzione (in intensità o frequenza) o completa scomparsa di tali manifestazioni.

B. Paralisi Del Sonno

Consistono nell’incapacità di svolgere qualsiasi attività motoria volontaria (si ha la percezione di essere completamente immobilizzati), nonostante il soggetto sia completamente cosciente. Si possono verificare durante la fase di addormentamento (“paralisi ipnagogiche”) o in seguito ad un risveglio (“paralisi ipnopompiche”). Possono essere accompagnate da allucinazioni uditive o visive e possono durare da pochi secondi a parecchi minuti, causando spesso intensa ansia nel soggetto che le vive. Si possono risolvere spontaneamente o in seguito a stimolazioni sensoriali. Possono essere favorite da un ritmo sonno-veglia irregolare e dalla deprivazione di sonno. Si verificano frequentemente in soggetti senza altri disturbi del sonno (il 40-50% della popolazione ha sperimentato una paralisi del sonno almeno una volta nella vita) oppure possono rappresentare uno dei sintomi della narcolessia.

INSONNIA

 

C. Incubi Notturni

Consistono in sogni paurosi, a contenuto negativo, spesso di lunga durata; frequentemente tali sogni inducono il risveglio del soggetto che ne mantiene un vivido ricordo. Sono frequenti nei bambini oppure nei pazienti con “disturbo post-traumatico da stress”. Possono essere favoriti dalla febbre oppure dalla brusca sospensione di alcol o di farmaci che riducono il sonno REM (anfetamine, alcuni antidepressivi e benzodiazepine). Queste condizioni, infatti, potrebbero portare ad un brusco e significativo incremento della rappresentazione del sonno REM, favorendo il verificarsi di incubi.

 

3) ALTRE PARASONNIE

A. Sindrome delle gambe senza riposo

Caratterizzato dal bisogno di muovere le gambe, di solito accompagnato da, o in risposta a, sensazioni sgradevoli e spiacevoli alle gambe caratterizzato dal fatto che il bisogno di muovere le gambe:

1. inizia o peggiora durante periodo di riposo o di inattività;

2. è parzialmente o totalmente alleviato dal movimento;

3. è peggiore la sera o la notte rispetto al giorno oppure si verifica solo di sera o di notte.

B. Allucinazioni Ipnagogiche O Ipnopompiche

Esperienze vivide, simili al sogno, spesso a contenuto bizzarro o terrifico, che si verificano all’addormentamento (“ipnagogiche”) o in seguito ad un risveglio (“ipnopompiche”). Durante gli attacchi le sensazioni fantastiche possono venire scambiate per reali. Nella maggior parte dei casi si tratta di allucinazioni visive, ma possono essere anche uditive, tattili, gustative o olfattive. Possono associarsi alle paralisi del sonno e, come queste, si verificano frequentemente in soggetti senza altri disturbi del sonno oppure possono rappresentare uno dei sintomi della narcolessia.

 

 

 

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