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COSA SONO I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE?

I Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DA) sono strettamente intercorrelati tra loro dalla presenza di un anomalo rapporto con il cibo, da un eccesso di preoccupazione per la forma fisica, da un’alterata percezione dell’immagine corporea e da una stretta correlazione tra tutti questi fattori e i livelli di autostima, ma con caratteristiche cliniche e psicopatologiche differenti.

Il peso, tuttavia, non è un marcatore clinico imprescindibile dei disturbi del comportamento alimentare, perché anche persone di peso corporeo normale possono essere affette dalla patologia.

 

PROBLEMI-ALIMENTARI

 

Tali disturbi, se non trattati in tempi e con metodi adeguati, possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e, nei casi gravi, portare alla morte. All’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore di quella di persone sane della stessa età e sesso.

Contrariamente a una convinzione molto diffusa, l’anoressia – malattia prevalentemente femminile – colpisce anche gli uomini. E non solo adolescenti, ma anche adulti. I medici francesi riportano nel numero di dicembre 2017 della rivista Annales Médico-Psychologiques quattro studi dettagliati sui dodici casi maschili seguiti dal 2014.

Si ritiene che il 5-10 % dei pazienti che soffrono di Anoressia Nervosa siano maschi (come pure maschi sarebbero il 10-15% dei pazienti affetti da Bulimia Nervosa).

Sia per l’anoressia e che per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi prima del menarca, fino a casi di bambine di 8-9 anni. La patologia non riguarda più solo gli adolescenti, ma va a colpire anche bambini in età prepubere, con conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.

 

L’ambiente familiare pare essere caratterizzato da un’alta richiesta di perfezione: i figli, nel tentativo di rispondere a queste richieste, spesso vivono sentimenti di scarsa autostima ed inadeguatezza.

 

Nell’ultima edizione del DSM-5 i Disturbi della nutrizione e della alimentazione si presentano distinti in sei categorie diagnostiche principali.

QUALI SONO I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE?

L’anoressia è un grave disturbo psichiatrico e il più conosciuto tra i disturbi del comportamento alimentare. È caratterizzato dal timor panico di ingrassare, dalla riduzione dell’importo calorico giornaliero e conseguente dimagramento e da un alterato modo di percepire il corpo. Il termine anoressia deriva dal greco antico (an- privativo e órexis ‘appetito’) e significa “assenza o marcata riduzione dell’appetito”. L’aggettivo “nervosa” identifica invece la natura funzionale, non organica dell’anoressia, per distinguerla dalle forme di inappetenza o di rifiuto del cibo prodotte da malattie del corpo.

In realtà, le persone affette da anoressia nervosa non lamentano quasi mai una perdita di appetito. Al contrario, lo stimolo della fame sembra moltiplicarsi con la riduzione dell’apporto calorico e con il conseguente dimagramento.

 

Il controllo dello stimolo della fame diventa, paradossalmente, fonte di soddisfazione per il paziente e ne alimenta la patologia.

 

L’anoressia è uno dei disturbi psichiatrici con i più alti tassi di mortalità tanto da renderla la seconda causa di morte tra gli adolescenti (Agras 2001). Chi soffre di anoressia spesso presenta, oltre ad un peso corporeo significativamente basso, una bassa autostima, paura di ingrassare e perfezionismo esasperato detto anche “perfezionismo clinico”.

Chi soffre di anoressia mostra inoltre una patologica attenzione verso le proprie forme e peso corporei. Alcune parti del corpo (in particolare quelle considerate fobiche) vengono costantemente monitorate (il cosiddetto body checking) e sono generalmente percepite più grandi di come sono nella realtà. In alcuni casi invece pazienti in grave deperimento organico possono non manifestare alcuna preoccupazione per le proprie gravi condizioni fisiche. 

 

ANORESSIA

 

Per chi soffre di anoressia il controllo sul corpo e sull’alimentazione diventa la preoccupazione principale, se non unica. Anche il proprio senso di valore personale e autostima è modulato quasi esclusivamente dalle forme e dal peso del corpo su cui le pazienti esercitano un controllo morboso.

Le modalità attraverso cui le pazienti esercitano questo controllo sono:

  • Riduzione dell’importo calorico giornaliero attraverso diete sempre più ferree;
  • Aumento dell’esercizio fisico giornaliero che diventa eccessivo e può occupare la maggior parte della giornata;
  • Utilizzo inappropriato di clisteri e lassativi;
  • Condotte tipo “vomito autoindotto”.

I criteri diagnostici DSM-5 dell’anoressia nervosa sono i seguenti:

  1. Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
  2. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
  3. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

Tipo con restrizioni: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.

Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

 ANORESSIA

 

Cause: Nonostante non siano ancora chiare le cause scatenanti dell’anoressia esistono una serie di fattori predisponenti, o fattori di rischio, che possono facilitare l’insorgere del disturbo. Non esiste quindi una sola causa ma molteplici. L’anoressia risulta essere il risultato dell’incontro, nel corso della crescita, di una serie di cause genetiche, fattori psicologici, relazionali e ambientali che risultano quindi fattori di rischio.

Tra questi i più importanti sono:

1) Interiorizzazione dell’ideale di magrezza

Una delle cause dell’anoressia nervosa è l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza. Nelle società occidentali la magrezza costituisce un valore spesso associato al benessere e al successo. Inoltre, i media, attraverso l’utilizzo di immagini visive di corpi idealizzati (ad oggi per lo più modificati con programmi di fotoritocco) favoriscono la correlazione tra alcune caratteristiche positive (essere attraenti, essere popolari e felici) e la magrezza. Questo favorisce, soprattutto in giovani adolescenti, l’interiorizzazione di ideali di magrezza non salutari, favorisce l’insoddisfazione verso il proprio corpo e aumenta il rischio di sviluppare l’anoressia.

 

2) Perfezionismo clinico

Il perfezionismo clinico è considerato un tratto di personalità caratterizzato dal bisogno di raggiungere obiettivi sempre più elevati, dalla scarsa tolleranza verso i propri errori, e dalla cronica incapacità a riconoscere il proprio valore personale. Questo tratto di personalità è stato individuato come uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’anoressia nervosa. Numerosi studi condotti su gruppi di pazienti anoressiche hanno infatti mostrato alti tassi di perfezionismo, decisamente superiori rispetto ai gruppi di soggetti sani.

Il perfezionismo clinico è una caratteristica spesso associata ad una modalità di pensiero ossessivo e rigido e ad alte pretese verso sé stessi (come avere “sempre il massimo dei voti”, oppure “non sbagliare mai”).

 

3) Cronici stati emotivi negativi

È abituale, quando siamo tristi o stiamo male, la tendenza al pessimismo e alla visione negativa è maggiormente accentuata. Chi soffre di anoressia nervosa tende però a mostrare stati emotivi cronicamente caratterizzati da aspetti negativi, modalità distorte di pensiero, incapacità a riconoscere gli aspetti positivi di sé e la tendenza alla focalizzazione su aspetti negativi della propria persona (e del proprio corpo).

L’anoressia nervosa infatti, nonostante sia un disturbo che si manifesta attraverso comportamenti aberranti nei confronti del proprio corpo e della propria alimentazione, nasconde un profondo disagio psicologico interiore. Scopo di un trattamento, oltre a modificare i comportamenti alimentari aberranti e raggiungere un peso nella norma, è quello di lavorare sugli aspetti psicologici sottesi agli stati emotivi negativi.

 

4) Insoddisfazione per il proprio corpo

Altro fattore di rischio dell’anoressia nervosa è l’insoddisfazione per il proprio corpo. Correlata all’ideale di bellezza e alla rigidità insita nel perfezionismo clinico e nella bassa autostima, l’insoddisfazione per il proprio corpo è un altro fattore di rischio importante. In uno studio (Stice et al. 2011) condotto su 500 ragazze adolescenti è emerso come, l’insoddisfazione corporea, costituisca non solo il più potente predittore per lo sviluppo di disturbi alimentari, ma rappresenti anche uno dei principali fattori di mantenimento o di ricaduta dopo un percorso di cura.

L’insoddisfazione per il proprio corpo può contribuire a generare il “disturbo dell’immagine corporea”, una forma di “dispercezione corporea” nella quale le pazienti, pur essendo gravemente emaciate, si percepiscono grasse.

 

5) Disturbo dell’immagine corporea

Il disturbo dell’immagine corporea, considerato uno degli elementi centrali della psicopatologia dell’anoressia nervosa, porta ad una vera e propria alterazione del modo con cui la persona percepisce il proprio corpo. Le pazienti affette dal disturbo dell’immagine corporea, anche se particolarmente magre ed emaciate, si sentono e si vedono grasse.

Il corpo, o alcune parti specifiche, appare loro grasso, eccessivo, esagerato, del tutto inaccettabile e intollerabile. A volte il disturbo dell’immagine corporea può portare a percepire il corpo come se si stesse espandendo in alcune sue parti. Chi soffre di questo disturbo spesso mette in atto comportamenti ossessivi di controllo delle proprie forme (body checking) che però peggiorano il disturbo percettivo. A volte le pazienti anoressiche tendono ad utilizzare ossessivamente lo specchio, altre invece lo evitano completamente.

Questo disturbo, molto frequente in pazienti con un disturbo alimentare, è considerato un fattore di rischio e può contribuire all’esordio dell’anoressia nervosa o causare future ricadute. Il disturbo dell’immagine corporea infatti può rimanere anche dopo un percorso terapeutico e una remissione della sintomatologia alimentare.

 

BULIMIA

 

Trattamento: il trattamento psicoterapeutico e riabilitativo rappresenta la chiave di volta della cura dell’anoressia nervosa. Secondo un modello teorico di riferimento di tipo cognitivo-comportamentale (aggiornato alla luce dei nuovi apporti forniti delle scienze del settore) il focus si concentra sul miglioramento dell’autostima, sulla modulazione del perfezionismo e sulla gestione delle relazioni interpersonali. Particolare importanza viene data al riconoscimento e alla gestione delle emozioni attraverso modalità funzionali che possano aiutare alla modulazione del proprio mondo emotivo in un’ottica più sana. Il lavoro psicoterapeutico è completato da interventi psico-educazionali volti a fornire una serie di informazioni specifiche e scientificamente validate circa l’anoressia nervosa.

I familiari vengono coinvolti in un apposito percorso, modulato secondo le più aggiornate metodologie internazionali di sostegno alla famiglia. Il percorso di empowerment della genitorialità e di cura e sostegno riservato alle famiglie di pazienti con disturbo alimentare deve seguire le linee guida più aggiornate e di riconosciuta efficacia.

Il percorso di cura dell’Anoressia nervosa non prevede, di norma, alcuna terapia psicofarmacologica specifica per questo disturbo. Esistono invece terapie farmacologiche specifiche per disturbi e problematiche in comorbilità con l’anoressia come DepressioneDisturbo d’ansia generalizzata, disturbi del sonno, Disturbo ossessivo-compulsivo etc. Le linee guida internazionali sono concordi nel raccomandare, nel trattamento dell’anoressia, che la terapia psicofarmacologica non sia l’unica forma di cura prevista, ma che sia integrata da percorsi di psicoterapia e riabilitazione.

Il ricovero per Anoressia nervosa avviene in situazioni di particolare gravità che necessitano di un’ambiente protetto e di un percorso di cura quotidiano ed intensivo. L’anoressia nervosa è una malattia grave e potenzialmente mortale, il rifiuto di mangiare e il conseguente calo drastico del peso corporeo possono portare a squilibri elettrolitici o altre problematiche internistiche che possono portare alla morte. Inoltre, esiste una forte correlazione tra anoressia nervosa e suicidio. Quindi in casi di importante riduzione del peso corporeo o di fronte al pericolo di tentativi di suicidio, il ricovero per anoressia nervosa diventa indispensabile e salvavita.

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La bulimia nervosa è un grave disturbo dell’alimentazione caratterizzato dall’ingestione di eccessive quantità di cibo in un discreto lasso di tempo con perdita del controllo (abbuffate) seguito da tentativi di evitare l’aumento di peso eliminando ciò che è stato ingerito (condotte di compenso) e dall’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo.

Il termine bulimia nervosa è stato coniato nel 1979 dallo psichiatra inglese Gerard Russel e deriva da due parole greche che sono bous (che significa bue) e limos (fame), quindi letteralmente “avere una fame da bue”.

 

L’eccessiva preoccupazione per il peso, così come le sensazioni negative avvertite dopo l’abbuffata, portano a cercare di eliminare il cibo appena ingerito o le calorie introdotte.

 

Per chi soffre di bulimia nervosa le principali condotte di compenso sono il vomito-autoindotto, l’abuso di lassativi e diuretici e l’iperattività, tutti comportamenti sintomatici scatenati dall’abbuffata. In alcuni casi comunque, soprattutto in pazienti molto gravi, episodi di vomito auto-indotto sono pianificati e ricercati.

La Bulimia nervosa è, insieme all’Anoressia nervosa, il più frequente e conosciuto disturbo dell’alimentazione. 

Ne condivide alcune caratteristiche peculiari:

  • patologica attenzione verso il peso corporeo.
  • perfezionismo clinico.
  • bassa autostima e autoefficacia.
  • alterato rapporto con il cibo.
  • difficoltà nel riconoscere e comunicare le proprie emozioni.

Rispetto all’Anoressia che è caratterizzata da un peso al di sotto della norma, nella Bulimia nervosa possiamo trovare pazienti in sottopeso, normopeso o anche in sovrappeso.

I criteri diagnostici DSM-5 della Bulimia nervosa sono i seguenti:

A. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:

  1. Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.
  2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.

C. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.

E. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

Le conseguenze della Bulimia nervosa riguardano sia la sfera sociale e relazionale che quella personale e più prettamente medica. La patologica attenzione al cibo, al peso corporeo e alle sue forme, riduce gli interessi e le attività, alimenta scarsa autostima e altera lo sviluppo sano della personalità. Inoltre, l’utilizzo del vomito autoindotto o l’abuso di lassativi e diuretici può avere conseguenze molto gravi per l’organismo.

 

BULIMIA

 

Le principali conseguenze della bulimia nervosa sull’organismo sono:

  • costante fluttuazione del peso corporeo;
  • squilibri elettrolitici che possono portare ad aritmie cardiache, arresto cardiaco e anche alla morte;
  • vasi sanguigni rotti negli occhi;
  • ghiandole ingrossate nel collo e sotto la mascella;
  • traumi nella cavità orale, come tagli nella linea della bocca e nella gola;
  • cronica disidratazione;
  • infiammazione dell’esofago;
  • reflusso gastrico cronico dopo aver mangiato o ulcere peptiche;
  • infertilità.

Cause: Come per molte patologie psichiatriche, le cause della Bulimia nervosa sono varie e multifattoriali. Non esistono quindi cause certe ma predisposizioni, fattori di rischio e cause precipitanti; non è possibile stabilire con certezza cosa porti a sviluppare il disturbo e cosa invece no.

Tra le principali cause e fattori di rischio troviamo:

  • tendenza all’impulsività in un più generale quadro di disregolazione emotiva;
  • una storia personale di abusi o traumi;
  • insoddisfazione per il proprio corpo fino ad un vero e proprio disturbo dell’immagine corporea;
  • scarsa autostima e autoefficacia.

A volte può capitare che, prima dell’esordio della Bulimia nervosa, ci sia una fase di Anoressia. Nello specifico, dopo una prima fase di restrizione e dieta ferrea, l’iper-controllo sul peso e sulla propria fame diventa impossibile da mantenere e questo innesca il primo episodio di abbuffata che poi determina il concatenarsi di episodi bulimici.

 

Trattamento: La cura della Bulimia nervosa contempla sia trattamenti farmacologici che trattamenti psicoterapeutici e riabilitativi.

In generale gli studi hanno dimostrato che i farmaci antidepressivi risultano efficaci nella cura della bulimia, in genere, infatti, è presente una flessione del tono dell’umore e Depressione in comorbilità. La cura con antidepressivi, in particolare gli SSRI, si è dimostrata efficace nel miglioramento del tono dell’umore e nella riduzione del sintomo delle abbuffate nel breve periodo.

Nel medio lungo periodo però, senza una psicoterapia e una riabilitazione a supporto, i sintomi tendono a ricomparire. Per questo motivo la cura della bulimia nervosa deve prevedere un trattamento psicoterapeutico e riabilitativo finalizzato a riconoscere la fame fisiologica da quella “psicologica” (o nervosa), gestire in modo più funzionale le proprie emozioni, trattare il disturbo dell’immagine corporea e dell’insoddisfazione corporea e ripristinare una condotta alimentare sana.

Il ricovero per Bulimia nervosa si rende necessario quando i sintomi diventano gravi e aumenta la frequenza delle abbuffate. In generale pazienti con bulimia possono essere curate in ambulatorio se gli episodi abbuffate/ condotte di compenso si verificano due o tre volte la settimana, quando invece la frequenza dei sintomi aumenta, e risulta impossibile bloccare il ciclo bulimico, allora è consigliabile un ricovero presso un ospedale specializzato o una struttura residenziale o semi residenziale. L’aumento della frequenza delle condotte bulimiche, con punte anche di più cicli durante la stessa giornata, è una seria minaccia alla salute della persona e può anche essere fatale.

 

Il disturbo da binge-eating è stato incluso nel DSM-5 come categoria distinta di disturbo dell’alimentazione, mantenendo i criteri diagnostici simili a quelli del DSM-IV con l’eccezione del criterio D (frequenza e durata abbuffate). Nel DSM-5, infatti, abbuffate si devono verificare, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due giorni la settimana per 6 mesi.

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da binge-etaing sono i seguenti:

A. Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:

    1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.
    2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B. Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:

      1. Mangiare molto più rapidamente del normale.
      2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.
      3. Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.
      4. Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando.
      5. Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio.

C. È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.

D. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

E. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa.

La caratteristica fondamentale di questo disturbo consiste nella “persistente ingestione di una o più sostanze senza contenuto alimentare non commestibili” (ad esempio, stoffa, metallo o ghiaccio) per un periodo uguale o superiore a 1 mese. La Pica esordisce comunemente in età infantile e più raramente negli adulti. I bambini colpiti presentano uno sviluppo pressoché normale mentre in età adulta risulta maggiormente associata a disabilità intellettiva o altri disturbi mentali.

I criteri diagnostici DSM-5 del Pica sono i seguenti:

A. Persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili per un periodo di almeno 1 mese.

B. L’ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell’individuo.

C. Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata.

D. Se il comportamento di ingestione si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – disturbo dello spettro dell’autismo, schizofrenia) o di un’altra condizione medica è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Approfondisci il mio Modello terapeutico

È caratterizzato da ripetuto rigurgito di cibo (successivamente rimasticato, ringoiato o sputato) per un periodo uguale o superiore a 1 mese e non attribuibile a un problema gastrointestinale o a un’altra condizione medica. Proviene dalle classificazioni dedicate all’infanzia anche il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, che si manifesta attraverso la “persistente incapacità di soddisfare le appropriate necessità nutrizionali e/o energetiche”. Gli individui si alimentano ad esempio con un numero limitato di cibi “preferiti”, quali pasta, dolci e patatine.

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo di ruminazione sono i seguenti:

A. Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato.

B. Il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o a un’altra condizione medica (per es., reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro)

C. Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.

D. Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – o altro disturbo del neurosviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

E. Il DSM-5 precisa che tale comportamento alimentare non deve risultare associato a mancata disponibilità di cibo o a pratiche culturali (ad esempio, digiuno religioso).

Si caratterizza per il disinteresse per il cibo, la selezione di alcuni alimenti basato sugli aspetti sensoriali (sensibilità estrema, con un quadro ben diverso dai bambini “schizzinosi”) o anche su alcune marche, la preoccupazione per le conseguenze negative del mangiare, quali eventuali vomito o soffocamento.

Come conseguenza negli adulti c’è una significativa perdita ponderale e nei bambini l’incapacità di raggiungere gli aumenti di peso previsti, la malnutrizione, la dipendenza dall’alimentazione parenterale (sondino nasogastrico) o da integratori nutrizionali orali, e ovviamente è compromesso il funzionamento psicosociale, come il mangiare in pubblico e le relazioni.

Vanno escluse la mancanza di disponibilità di cibo, le pratiche di digiuno all’interno di contesti culturali e sociali particolari, quali i digiuni religiosi, l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.

In caso di presenza di condizioni mediche particolari (disturbi gastrointestinali, allergie e intolleranze alimentari) o altri disturbi mentali, viene apposta la diagnosi di disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo solamente in presenza di un quadro clinico importante, non spiegato dalla stessa patologia.

L’esordio dell’evitamento o della restrizione legati alla mancanza di interesse per il cibo è più frequente in età infantile, ma può continuare nell’età adulta. L’evitamento o restrizione basato su aspetti sensoriali insorge solitamente entro i dieci anni e diventa relativamente stabile, non intaccando in modo particolare il funzionamento sociale, anche da adulto. 

L’evitamento associato a conseguenze avverse può insorgere a qualunque età.

 

 PROBLEMI-ALIMENTARI-BAMBINI

 

I criteri diagnostici DSM-5 del Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo sono i seguenti:

A. Un disturbo dell’alimentazione o della nutrizione (per es., apparente mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relativa alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate, associato a uno (o più) dei seguenti aspetti:

B. Significativa perdita di peso (o mancato raggiungimento dell’aumento ponderale atteso oppure una crescita discontinua nei bambini).

C. Significativo deficit nutrizionale.

D. Dipendenza dalla nutrizione parenterale o dai supplementi nutrizionali orali.

E. Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.

F. Il disturbo non è meglio spiegato da una mancata disponibilità di cibo o da una pratica associata culturalmente sancita.

G. Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso dell’anoressia nervosa o della bulimia nervosa e non vi è alcuna evidenza di un disturbo nel modo in cui vengono vissuti il peso o la forma del proprio corpo.

H. Il disturbo dell’alimentazione non è attribuibile a una condizione medica concomitante e non può essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il disturbo dell’alimentazione si verifica nel contesto di un’altra condizione o disturbo la gravità del disturbo dell’alimentazione eccede quella abitualmente associata alla condizione o il disturbo e giustifica ulteriore attenzione clinica.

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