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COSA SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ?

La personalità è una combinazione di pensieri, emozioni e comportamenti che rendono ogni persona unica. È il suo modo di vedere, comprendere e relazionarsi con il mondo esterno, così come pure il modo in cui vede sé stessa. La personalità inizia a formarsi durante l’infanzia, attraverso l’interazione tra fattori ereditari e ambientali. Nello sviluppo normale, i bambini imparano con il tempo a interpretare con precisione i segnali sociali e a rispondere in modo appropriato. Diversamente è possibile che si generi un disturbo della personalità.

Un Disturbo di Personalità è definito come un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l’individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: esperienza cognitivaaffettiva, funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi.

tratti di personalità rappresentano schemi di pensiero, percezione, reazione e relazione relativamente stabili nel tempo. 

disturbi di personalità compaiono quando tali tratti divengono talmente pronunciati, rigidi e disadattivi da compromettere il funzionamento lavorativo e/o interpersonale.

Queste modalità sociali disadattive possono provocare un disagio significativo nelle persone con disturbi di personalità ed in coloro che li circondano.

Per le persone con disturbo di personalità (a differenza di molti altri che richiedono assistenza psicologica), solitamente la sofferenza causata dalle conseguenze dei loro comportamenti socialmente disadattivi è la ragione per cui richiedono un trattamento, piuttosto che per il disagio associato ai loro pensieri e sentimenti.

I disturbi di personalità solitamente iniziano a diventare evidenti durante la tarda adolescenza o all’inizio dell’età adulta, sebbene talvolta i segni appaiano durante l’infanzia.

Secondo il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, APA 2013) queste caratteristiche combinate possono dare origine a 10 disturbi di personalità organizzati in 3 cluster (insiemi).

QUALI SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ DEL CLUSTER A?

CONDOTTE DI COMPORTAMENTO BIZZARRE O ECCENTRICHE

 

PERSONALITÀ

 

Questi disturbi condividono un significativo disagio negli ambienti socialiritiro sociale e pensiero distorto. Il paranoide pensa che gli altri lo danneggino, lo schizotipico pensa che gli altri non si curano o non apprezzano la sua unicità, lo schizoide che gli altri sono crudeli e rifiutanti.

La personalità paranoide è una condizione cronica e pervasiva caratterizzata da una modalità di pensiero distorta per via di una costante mancanza di fiducia e di una rigida sospettosità verso gli altri. 

 

La caratteristica essenziale di questo disturbo è, infatti, la persistente interpretazione delle intenzioni degli altri come malevole. Gli individui con disturbo paranoide di personalità pensano che gli altri li sfrutteranno, li danneggeranno, li inganneranno anche in assenza di evidenze a supporto di questa ipotesi. Sono preoccupati e hanno dubbi sulla affidabilità dei loro amici (se ne hanno) o colleghi, senza alcun giustificato motivo, e passano in rassegna le azioni degli altri alla ricerca di prove di intenzioni malevoli, spesso ravvisando significati nascosti.

 

Questi soggetti difficilmente si fidano o diventano intimi con altre persone, dal momento che temono che qualsiasi confidenza possa venire usata contro di loro. Queste persone spesso portano rancore per lunghi periodi di tempo e non sono disposte a perdonare il minimo torto che percepiscono sia stato fatto loro.

Hanno spesso difficoltà ad andare d’accordo con gli altri. Raramente hanno relazioni intime, ma quando le hanno, sono spesso sospettosi della fedeltà del proprio partner.

Gli individui con disturbo paranoide di personalità spesso sostengono la loro idea con un alto grado di convincimento e la vigilanza che si prefiggono di mantenere per sentirsi al sicuro li porta a sentirsi ansiosi ed emotivamente esausti.

disturbo paranoide

 

Nonostante l’età di esordio coincida con l’adolescenza o con la prima fase della vita adulta, i dati clinici mostrano che la persona con disturbo paranoide di personalità si rivolge a un professionista solo dopo i 30-40 anni.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Paranoide di Personalità

Per capire se una persona soffre di disturbo paranoide di personalità bisogna fare attenzione a una serie di segnali. 

Le persone con questo disturbo presentano i seguenti sintomi:

  • Ritengono che gli altri faranno loro del male, si approfitteranno di loro o le umilieranno in qualche modo;
  • Si impegnano molto a proteggersi e a mantenere la distanza dagli altri;
  • Attaccano preventivamente quando si sentono minacciati;
  • Tendono a portare rancore, sono litigiosi e mostrano gelosia patologica;
  • Presentano una modalità di pensiero evidentemente distorta che si manifesta con la tendenza a leggere negativamente commenti o comportamenti innocui e a soffermarsi su offese passate;
  • A causa delle distorsioni del pensiero, non riescono a fidarsi degli altri e non riescono a sviluppare rapporti stretti;
  • Hanno una vita emotiva dominata da sfiducia e ostilità.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Paranoide di Personalità

Le cause del Disturbo Paranoide di Personalità non sono ancora del tutto chiare. Tuttavia, i ricercatori sembrano convergere nel ritenere che nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo paranoide intervengano una combinazione di fattori genetici, sociali (come le prime interazioni nella fase di sviluppo sia con i familiari che con i pari) e psicologici (come il temperamento, i tratti di personalità e le abilità di coping).

Si ritiene che traumi precoci nell’infanzia possano contribuire allo sviluppo di questo tipo di personalità. Si è rilevata, inoltre, una maggiore frequenza del disturbo paranoide di personalità in famiglie con storia di schizofrenia e disturbo delirante.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Paranoide di Personalità

La persona con disturbo paranoide di personalità tende, senza alcuna reale motivazione, a interpretare le parole e le azioni degli altri come deliberatamente minacciose, umilianti o malevole. È spesso polemica e particolarmente suscettibile alle critiche alle quali risponde soprattutto con rabbia.  L’atteggiamento sospettoso, tipico della persona con disturbo paranoide, si manifesta con la ricerca di segnali volti a confermare l’ipotesi iniziale di minaccia, offesa, pericolosità e falsità. Per far fronte a questa situazione, la persona con disturbo paranoide mette in atto una serie di comportamenti che la portano a prediligere uno stile di vita isolato, creando dei disagi a lavoro, in famiglia, nelle relazioni di amicizia e intime e che, nel lungo termine, possono condurre alla depressione e al ritiro sociale.

 

CURA del Disturbo Paranoide di Personalità

Le ricerche in questi anni hanno dimostrato che l’intervento sul Disturbo Paranoide di Personalità per essere efficace deve lavorare essenzialmente su tre fronti:

1. Aiutare la persona a conoscere come fronteggiare le problematiche tipiche del disturbo paranoide di personalità;

2. Insegnare abilità di comunicazione utili negli ambienti sociali;

3. Contribuire a ridurre i livelli di sospettosità e di mancanza di fiducia negli altri.

 

Psicoterapia:

La terapia Cognitivo-Comportamentale è un trattamento efficace per la cura del Disturbo Paranoide di Personalità. Dopo un’adeguata educazione sulle caratteristiche del disturbo e sulle conseguenze negative a livello personale e sociale, l’intervento mira a elicitare la fiducia all’interno del setting terapeutico esplorando l’ambivalenza, rispettando l’autonomia del soggetto e i suoi confini emotivi e invitandolo a non mettersi sulla difensiva. In seguito, l’obiettivo terapeutico diviene quello di regolare le distorsioni del pensiero e le credenze disfunzionali sugli altri nei rapporti interpersonali per lavorare in modo collaborativo e sviluppare convinzioni alternative e più funzionali.

In questo modo si riduce il personale bisogno di vigilanza, la percezione delle intenzioni e delle azioni degli altri diviene più realistica e vi è un’aumentata consapevolezza del punto di vista delle altre persone. Infine, si sperimentano comportamenti sociali più adattivi e si promuovono abilità che supportano le credenze più funzionali per ridurre la sospettosità e la diffidenza verso gli altri.

La personalità schizoide è una condizione relativamente rara che si caratterizza per distacco sociale, mancanza o indifferenza alle relazioni interpersonali e ridotta capacità di espressione delle emozioni. Vi è una modalità pervasiva di distacco da tutti i contesti sociale. 

 

La vita delle persone con questo disturbo, infatti, si caratterizza per il forte isolamento sociale (assenza di amici, lavori con ridotto o assente contatto umano, mancanza di relazioni intime o sessuali) e per la tendenza a non trarre alcun piacere nello svolgere qualsiasi attività, preferendo trascorrere il tempo da soli, assorbiti dai propri pensieri e sentimenti. Appaiono lenti e letargici, hanno un eloquio lento e monotono con poca espressione.

 

Raramente mostrano cambiamenti nell’umore, a dispetto di eventi esterni. Tendono ad avere uno stato d’animo negativo, senza picchi. Sono disposte a sacrificare l’intimità per preservare la loro autonomia e il loro isolamento, e stanno ai margini della società, diventando anche abbastanza isolati. Si considerano vulnerabili a essere controllati, sminuiti o rifiutati.

 

DISTURBO SCHIZOIDE PERSONALITÀ

 

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Schizoide di Personalità

Se una persona soffre di Disturbo Schizoide di Personalità è probabile che abbia i seguenti sintomi:

  • Tendenza a preferire attività solitarie che comportano quindi poca interazione con gli altri;
  • Ridotto o assente desiderio sessuale;
  • Indifferenza a critiche e lodi;
  • Sensazione di non provar alcun piacere per la vita e a svolgere qualsiasi attività;
  • Tendenza a essere percepito come privo di senso di umorismo, freddo e distaccato;
  • Incapacità a cogliere segnali sociali apparendo agli altri socialmente inetto e superficiale;
  • Incapacità a esprimere emozioni sia positive che negative, reagendo in modo inappropriato agli scambi sociali e apparendo agli altri noioso o disattento;
  • Demotivazione e assenza di obiettivi.

Una persona con il disturbo Schizoide di Personalità sembra vivere dunque in un mondo isolato che esclude dalla propria esistenza gli altri. Il contatto umano è quasi sempre evitato o comunque limitato al dovere e la scelta ricade in attività che allontanano dalla realtà quotidiana sociale preferendo lavori solitari o che comportano uno scambio pressoché minimo. Possono anche avere una buona carriera se riescono nel tempo a mantenere distanti i rapporti sociali che vivono come invadenti e del tutto inutili.

Il disturbo Schizoide di Personalità ha in comune con il Disturbo Evitante di Personalità la mancanza di relazioni sociali e la preferenza per attività solitarie. Tuttavia, chi ha un Disturbo Evitante di Personalità evita queste relazioni per la paura di essere criticato o rifiutato, mentre chi ha un Disturbo Schizoide teme il rifiuto, ma non desidera queste relazioni e, di conseguenza, questa solitudine auto-rinforzata appare meno problematica.

Inoltre, può esserci una grande difficoltà a distinguere anche tra disturbo schizoide di personalità e un Disturbo dello Spettro Autistico di livello moderato, dal momento che entrambi hanno gravi compromissioni nelle interazioni sociali, comportamenti e interessi stereotipati. Quello che può aiutare a fare una diagnosi differenziale è la raccolta della storia di sviluppo, visto che il disturbo dello spettro autistico appare di solito nella prima infanzia, mentre quello schizoide di personalità in un periodo più tardivo.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Schizoide di Personalità

Il disturbo schizoide di personalità solitamente ha un esordio nella prima età adulta, anche se alcune caratteristiche potrebbero essere già presenti nell’infanzia, durante la quale si possono presentare diverse difficoltà scolastiche e di socializzazione. Le cause dello sviluppo del disturbo schizoide di personalità sono ancora sconosciute, anche se ricercatori e clinici convergono nel considerare tale disturbo la risultante di una combinazione di fattori genetici e ambientali, con particolare attenzione alla prima infanzia che può giocare un ruolo chiave nello sviluppo della malattia.

Negli individui con disturbo schizoide di personalità, potrebbe esserci stato un rifiuto da parte dei pari o episodi di bullismo. Inoltre, alcuni potrebbero essersi sentiti diversi dagli altri membri stretti della famiglia o, in qualche modo, sminuiti nel confronto con gli altri. Di conseguenza, hanno appreso a considerare sé stessi come differenti in senso negativo e gli altri come ostili e inutili, e le interazioni sociali come difficili e pericolose.

Inoltre, i fattori che potrebbero aumentare il rischio di sviluppare il disturbo schizoide di personalità sono:

  • Avere un genitore o un altro parente con diagnosi di Disturbo Schizoide di Personalità, Disturbo di Personalità Schizotipico o Schizofrenia;
  • Avere un genitore freddo, negligente o che non risponde ai bisogni emotivi.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Schizoide di Personalità

Le persone con disturbo schizoide di personalità possono avere difficoltà a condurre una vita normale presentando una grave compromissione del funzionamento sociale e lavorativo. Tuttavia, è possibile che non ci siano problemi quando la persona lavora prevalentemente da sola.

 

CURA del Disturbo Schizoide di Personalità

Come per tutti i disturbi di personalità, il trattamento di prima scelta per il disturbo schizoide di personalità è la psicoterapia individuale. La personalità schizoide può essere curata con la Terapia Cognitivo-Comportamentale individuale e in alcuni casi è anche raccomandata la terapia di gruppo. Tuttavia, le persone con questo disturbo difficilmente si rivolgono a un professionista a meno che non stiano vivendo un periodo di particolare stress della loro vita.

 

Psicoterapia:

L’obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale per la cura del disturbo schizoide di personalità è di ristrutturare i modelli di pensiero del paziente e i comportamenti a essi correlati. Nel caso di questo disturbo la difficoltà principale è la tendenza dei pazienti a tenere gli altri a distanza che compromette l’instaurarsi di una relazione terapeutica collaborativa. Per questa ragione è fondamentale che il clinico proceda con calma e lavori per guadagnare la fiducia. Inoltre, il paziente teme che la terapia possa portarlo a scoprire più difetti della sua personalità ed evidenziare ulteriormente il proprio senso di inadeguatezza.

Oltre alle tecniche corporee e di immaginazione, molti terapeuti impiegano esercizi di ristrutturazione cognitiva per il trattamento del disturbo schizoide di personalità con il fine di aiutare il paziente ad affrontare certi tipi di pensieri irrazionali che possono influenzare negativamente il comportamento della persona. La Terapia Cognitivo-Comportamentale consente di diventare più consapevoli dei propri modelli di comportamento e di pensiero. Insegna, inoltre, abilità sociali (comunicazione efficace, riconoscimento ed espressione delle emozioni) e capacità di coping per la gestione dell’ansia e per la riluttanza verso le relazioni sociali.

La caratteristica principale degli individui con disturbo schizotipico di personalità è il disagio acuto e la ridotta capacità di relazioni intime, insieme a distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità nel comportamento. Spesso questi soggetti presentano sintomi psicotici subclinici, come la sospettosità, e credono che gli altri parlano di loro o vogliono danneggiarli. Non hanno amici, si sentono ansiosi nelle situazioni sociali e possono comportarsi in modi che altri percepiscono come bizzarri.

Una persona con disturbo schizotipico di personalità ha un comportamento insolito, eccentrico, presente in un ampio range di circostanze interpersonali. Da un punto di vista cognitivo, possono avere idee di riferimento, convinzioni strane o pensiero magico, esperienze percettive bizzarre e sospettosità o pensieri paranoidi, con insight ridotto o assente. Inoltre, questi individui presentano emotività impropria o limitata e un’eccessiva ansia sociale e raramente hanno amici stretti. 

 

Il comportamento eccentrico e la tendenza al ritiro sociale sono due caratteristiche principali, ma è presente anche una ruminazione ossessiva senza resistenza, spesso con contenuti dismorfofobici, sessuali o aggressivi; eloquio vago, circostanziato, metaforico o stereotipato; ed episodi quasi psicotici occasionali e transitori con intense allucinazioni uditive o idee simil-deliranti.

 

Gli individui con disturbo schizotipico di personalità sono descritti dagli altri come “strani” e di solito hanno rapporti limitati ai familiari. Presentano difficoltà a comprendere l’effetto del loro comportamento sugli altri e, a loro volta, tendono a fraintendere le motivazioni del comportamento altrui sviluppando una significativa diffidenza verso gli altri fino a una alterazione del pensiero che può divenire delirante e presentare sintomi psicotici di breve durata. Differente dalla schizofrenia dove sono presenti veri e propri deliri o allucinazioni, la persona con disturbo schizotipico mantiene il contatto con la realtà e l’organizzazione del pensiero. Il disturbo schizotipico può essere confuso con il disturbo schizoide, dal momento che in entrambi sono presenti diminuiti livelli di interazione sociale. Tuttavia, i soggetti con disturbo schizotipico hanno delle convinzioni ed esperienze percettive insolite, un pensiero magico e un comportamento e un’apparenza inconsueta. Coloro che, invece, hanno un disturbo schizoide di personalità sono isolati, distaccati e anonimi nell’apparenza. Infine, non presentano sintomi psicotici subclinici.

 

SCHIZOIDE PERSONALITÀ

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Schizotipico di Personalità

Per capire se una persona soffre di Disturbo Schizotipico di Personalità devono essere riscontrabili cinque o più dei seguenti sintomi:

  • Difficoltà a instaurare rapporti stretti al di fuori di quelli familiari;
  • Interpretazione errata degli eventi interpretati per esempio avere un significato diretto verso la persona;
  • Pensiero bizzarro, eccentrico o inusuale;
  • Abbigliamento bizzarro, trasandato o con abbinamenti strani;
  • Credenza nei poteri speciali, come la telepatia mentale o superstizioni;
  • Percezioni insolite, come avvertire la presenza di una persona assente;
  • Persistente ed eccessiva ansia sociale;
  • Stile singolare del discorso, caratterizzato per esempio dall’uso di modi inusuali di parlare e durante le conversazioni presenza di pensieri sospetti o paranoidi e costanti dubbi sulla fedeltà degli altri;
  • Emozioni piatte o risposte emotive limitate o inadeguate.

I segni del disturbo schizotipico di personalità, come ad esempio un maggiore interesse per le attività solitarie o l’alto livello di ansia sociale, possono essere già rintracciati negli anni dell’adolescenza. Il bambino può avere una performance inferiore alla media a scuola o non riuscire a stare al passo con i coetanei e, di conseguenza, essere spesso vittima di bullismo o prese in giro.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Schizotipico di Personalità

Le cause non sono ancora chiare, ma si ritiene giochino un ruolo chiave nella sua genesi fattori genetici e i cambiamenti nelle funzioni celebrali. In genere il rischio di soffrire del disturbo schizotipico di personalità aumenta in presenza di familiarità con la Schizofrenia o con altri disturbi psicotici. Inoltre, è associato a trascuratezza infantile, basso status socioeconomico, temperamento passivo e sensibile alle critiche e a uno stile di attaccamento ansioso-evitante. Questo stile sembra predire sia le esperienze allucinatorie e le convinzioni insolite della schizotipia, che il ritiro sociale e l’anedonia.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Schizotipico di Personalità

A differenza del disturbo schizoide di personalità, le persone con disturbo schizotipico di personalità hanno distorsioni percettive e cognitive e/o comportamenti eccentrici: per esempio, possono credere di poter leggere il pensiero altrui, o che i loro pensieri siano stati rubati dalla loro testa.  Possono essere paranoici fino a perdere il contatto con la realtà quando il pensiero diviene delirante. Per queste ragioni hanno serie difficoltà dal punto di vista lavorativo e sono socialmente isolati, riservati e distanti.

 

CURA del Disturbo Schizotipico di Personalità

Il trattamento per la cura dei sintomi del disturbo schizotipico di personalità può comprendere l’impiego di farmaci anti-psicotici e di una terapia psicologica individuale a medio-lungo termine (2 anni).

 

Psicoterapia:

La terapia cognitivo-comportamentale per la cura del disturbo schizotipico di personalità ha come primo obiettivo quello di aumentare i livelli di fiducia nell’altro mediante la costruzione di un rapporto con il terapeuta. Inoltre, durante le sedute il paziente impara a ridurre la percezione soggettiva di minaccia, a riconoscere le modalità di pensiero distorte, apprendere abilità sociali per ridurre la tensione e l’ansia nelle situazioni di interazione e modificare i comportamenti disfunzionali.

QUALI SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ DEL CLUSTER B?

CONDOTTE DI COMPORTAMENTO DRAMMATICHE, EMOTIVE O DISREGOLATE

 

Questi disturbi condividono difficoltà nel controllo degli impulsi e nella regolazione emotiva.

Nella storia dello studio della psicopatologia di personalità, il termine borderline è stato usato per descrivere quella “zona di confine” tra la sintomatologia nevrotica (ad esempio, problemi di ansia e depressione) e quella psicotica (pseudo-allucinazioni, paranoia e dissociazione).

 

Le persone con Disturbo Borderline di Personalità tendono a sperimentare emozioni e stati d’animo estremamente intensi che possono cambiare in modo rapido e improvviso. In genere, presentano difficoltà a tollerare lo stress o calmarsi quando si sentono in balìa di queste emozioni negative (rabbia, tristezza, ansia, frustrazione, ecc).

 

Di conseguenza, in questi pazienti sono frequenti scoppi d’ira e comportamenti impulsivi come l’abuso di sostanze, rapporti sessuali a rischio, autolesionismo, shopping compulsivo, binge eating (abbuffate incontrollate) e tentativi di suicidio. Questi comportamenti hanno la funzione di ridurre l’attivazione emotiva nel breve termine, ma possono condurre a gravi conseguenze nel lungo periodo.

 

Le parole chiave per questo disturbo sono “impulsività e instabilità”

BORDERLINE

 

Non a caso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo definisce Disturbo dell’Instabilità Emotiva di Personalità (Emotionally Unstable Personality Disorder, EUPD). Tra i disturbi di personalità, il disturbo borderline è quello che giunge più comunemente all’osservazione clinica. Colpisce l’1,1%-2,5% della popolazione generale adulta, interessando principalmente il sesso femminile (70%) con enormi costi sociali, comparabili alla schizofrenia. L’esordio avviene in adolescenza o nella prima età adulta. La prevalenza del disturbo è molto più elevata in popolazioni cliniche, sia di pazienti ambulatoriali (9.3%) che ospedalizzati (20%).

Vi è un alto rischio suicidario, superiore di 50 volte rispetto alla popolazione generale. Per via degli scoppi d’ira, i comportamenti autodistruttivi e i cambiamenti d’umore, i pazienti con disturbo borderline di personalità tendono ad avere relazioni interpersonali disfunzionali, e perciò possono essere considerati un peso da parenti, amici e colleghi. Come verrà discusso più in dettaglio in seguito, si ritiene che questo disturbo abbia una componente genetica, pertanto, esiste un alto rischio che un genitore con questo disturbo lo possa trasmettere alla prole.

 

BORDERLINE

 

Molti individui con disturbo borderline di personalità sono persone intelligenti e dotate, ma il disturbo impedisce loro di realizzarsi e molti hanno problemi a completare gli studi o a trovare e mantenere un lavoro stabile, mentre altri finiscono per accettare lavori al di sotto delle loro capacità.

Sono comuni, inoltre, crisi relazionali, generalmente più frequenti e intense dei normali alti e bassi con amici e colleghi. Molti pazienti si ritrovano ripetutamente in relazioni sentimentali poco sane, caratterizzate da estreme oscillazioni tra idealizzazione svalutazione del partner, atteggiamento estremamente bisognoso e rifiuto, aggressività e sottomissione. Nelle relazioni di coppia, i pazienti con disturbo borderline possono essere sia vittime che perpetratori di violenza.

La maggior parte dei pazienti si fa del male (60-70%) e spesso abusa di sostanze come forma di “auto-medicamento”, cioè nel tentativo di regolare l’umore disforico, le intense emozioni negative e i cronici sentimenti di vuoto. Come spesso accade con i disturbi di personalità, il disturbo borderline può essere ego sintonico, ovvero poiché i tratti di personalità problematici si sono stabilizzati precocemente e fanno parte del suo modo abituale di sentire, pensare e relazionarsi, il paziente può far fatica a riconoscere l’origine delle sue difficoltà. Molti cercano aiuto a causa di Depressione, Disturbi alimentari, Dipendenza da sostanze o per i sintomi di Disturbo da Stress Post-Traumatico.

Il disturbo borderline si presenta spesso in comorbidità con altri disturbi, tra cui il Disturbo Bipolare, gravi forme di Depressione, Disturbi psicotici, Abuso di sostanze, Bulimia nervosa, Anoressia nervosa, Binge-eating, Disturbo di deficit da attenzione/iperattività (ADHD).

 

Come riconoscere il Disturbo Borderline di Personalità

L’instabilità è evidente nelle relazioni che tendono a essere intense, ma brevi e a cessare improvvisamente. La stessa instabilità si ritrova nella propria identità, nella visione di sé, degli ideali, dei piani futuri o dei valori morali. È anche evidente negli affetti, cioè in forte reattività che portano a rapidi cambiamenti e passaggi da un’emozione all’altra.

L’impulsività si riscontra in attività distruttive per sé che, pur essendo gratificanti nel breve termine, sono messe in atto in modo impulsivo e talvolta compulsivo. Queste condotte includono come spendere, abusare di sostanze, mangiare o fare sesso. Sono presenti anche esplosioni di rabbia e difficoltà a tenerla sotto controllo, nonché comportamenti suicidari e autolesionistici.

I soggetti con disturbo borderline di personalità percepiscono spesso un’intensa paura di essere abbandonati e tentano in ogni modo di evitare questo abbandono da parte degli altri, a volte tramite azioni estreme e disperate o comportamenti che appaiono manipolativi. Questi pazienti possono riferire un certo “distacco” dalla propria esperienza interna e sperimentano cronici sentimenti di vuoto. In condizioni di forte stress, possono presentare sintomi simili a quelli delle psicosi, ma tendenzialmente temporanee, come paranoia, episodi dissociativi e pseudo-allucinazioni (soprattutto “voci” a contenuto critico o denigratorio).

In sintesi, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), per capire se una persona soffre di disturbo borderline di personalità devono essere riscontrabili almeno 5 dei seguenti aspetti:

  • Comportamento instabile, impulsivo e rischioso, come rapporti sessuali non protetti, gioco d’azzardo o binge eating, esplosioni di rabbia e litigi violenti;
  • Immagine di sé e degli altri instabile che oscilla fra i poli idealizzazione e svalutazione (come buono/cattivo; perfetto/falso);
  • Relazioni instabili e intense;
  • Marcati cambiamenti dell’umore (per esempio da felicità a tristezza, da rabbia a senso di colpa);
  • Emozioni contrastanti e difficili da gestire;
  • Minacce o comportamento suicidario e autolesionistico;
  • Intensa paura di essere soli o abbandonati;
  • Sentimenti di vuoto e mancanza di scopi;
  • Difficoltà a riflettere sui propri stati emotivi, sui vissuti e sulle relazioni in modo coerente e lineare;
  • Sintomi dissociativi (per esempio sentirsi distaccati dalle proprie emozioni e dal proprio corpo).

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Borderline di Personalità

Le ricerche condotte fino a oggi sul disturbo borderline di personalità ritengono non sia possibile stabilire le cause esatte di tale patologia. Vi è comunque una convergenza di opinioni sul fatto che le origini del disturbo possono essere comprese da un punto di vista biopsicosociale, cioè tenendo conto dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. A concorrere al suo sviluppo, intervengono ad esempio fattori genetici-temperamentali e anomalie nei livelli di serotonina responsabili della vulnerabilità emotiva del soggetto, ovvero della tendenza a reagire in modo intenso e rapido di fronte a stimoli emotivi anche minimi.

Un ruolo chiave è ricoperto anche da esperienze precoci in un ambiente familiare invalidante, nel quale l’espressione degli stati interni (pensieri, emozioni, sensazioni fisiche) del soggetto non solo non viene riconosciuta, ma spesso banalizzata o, addirittura, punita. È un ambiente che non tollera le manifestazioni di sofferenza, considerate un ostacolo alla risoluzione di problemi, e che denigra ogni tentativo autonomo di esperienza da parte del soggetto. Infine, possono essere figli di genitori svalutanti e con uno stile educativo punitivo caratterizzato da maltrattamenti fisici, psicologici ed emotivi. È possibile che siano stati vittime di abusi sessuali, privati delle cure necessarie e/o hanno assistito a imprevedibili esplosioni d’ira. Nelle storie di queste persone sono particolarmente comuni le cosiddette ACE (Adverse Childhood Experiences, o esperienze infantili avverse), che includono separazioni e divorzi, avere un genitore con un disturbo mentale o abuso di sostanze, esperienze di povertà, marginalizzazione e deprivazione sociale, e violenza domestica assistita. 

 

CONSEGUENZE del Disturbo Borderline di Personalità

I sintomi del disturbo borderline della personalità compromettono il funzionamento professionale e relazionale della persona. Questi individui si approcciano al mondo con una visione “o bianco o nero”, hanno un’immagine di sé instabile e incoerente, sono costantemente severi e punitivi nei confronti di sé stessi e gli altri, e oscillano rapidamente da un’opinione all’altra: per queste ragioni possono trovarsi spesso a cambiare repentinamente idea su lavoro, obiettivi di vita o relazioni, e presentano perciò notevoli difficoltà nella progettualità a lungo termine.

Il disturbo sembra inoltre associato a una serie di conseguenze negative per la salute fisica, tra cui fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile, dolore cronico, sintomi medici senza una causa organica identificabile, obesità, malattie cardiocircolatorie e infiammatorie. È stato stimato che le persone con disturbi di personalità, in particolare con DBP, abbiano un’aspettativa di vita di circa 18 anni in meno rispetto alla popolazione generale. Ciò è probabilmente il risultato di una combinazione tra comportamenti a rischio, impatto sulla salute fisica e suicidio.

 

TRATTAMENTO del Disturbo Borderline di Personalità

Per molto tempo, il disturbo borderline di personalità è stato ritenuto una condizione incurabile. Tuttavia, numerose ricerche hanno dimostrato che la psicoterapia per la cura del disturbo borderline di personalità riduce i sintomi e la sofferenza delle persone che presentano tali problematiche.

Al momento sono diversi i trattamenti usati per la cura di tale disturbo. Tra questi, i più efficaci sono i seguenti.

 

Psicoterapia:

La terapia Cognitivo-Comportamentale per la cura del disturbo borderline di personalità è finalizzata alla realizzazione fin dai primi incontri di un clima terapeutico collaborativo grazie al quale, dopo un’attenta valutazione del caso, il clinico restituisce al paziente come vede sé stesso, gli altri e come pensa che gli altri lo vedano (stati mentali e cicli interpersonali disfunzionali). Vengono dunque stabiliti di comune accordo gli obiettivi terapeutici. Tra questi, vi è la messa in discussione delle credenze di base del paziente che gli generano enorme sofferenza (per esempio “il mondo è pericoloso”, “sono vulnerabile e privo di potere”, “sono inaccettabile”).

Tali credenze influenzano il pensiero che nel borderline è tipicamente dicotomico: vi è dunque la tendenza a una valutazione delle situazioni in termini di categorie che si escludono a vicenda (ad esempio, buono/cattivo). Viene spiegato che tale polarizzazione del pensiero conduce a reazioni emotive eccessive e ad azioni impulsive e autodistruttive. L’obiettivo della terapia è individuare e modificare pensieri e credenze disfunzionali, sostituendoli con altri più adattivi, prendendo consapevolezza di come questi si siano formati nell’età evolutiva e siano collegati all’età adulta.

 

Terapia Farmacologica:

La terapia farmacologica per il disturbo borderline può essere utilizzata come supporto alla terapia psicologica. Infatti, i farmici possono intervenire sull’aspetto di vulnerabilità neurobiologica e ormonale e pertanto essere d’aiuto nella gestione dei sintomi.

A tale scopo sono impiegati antipsicotici di seconda generazionestabilizzatori dell’umore e antidepressivi. Gli antipsicotici di seconda generazione hanno effetti significativi sia sulla riduzione dei sintomi peculiari del disturbo borderline di personalità (instabilità affettiva, rabbia, ostilità) sia sul miglioramento dei sintomi comunemente associati (ansia, depressione, sintomi psicotici). Gli stabilizzatori dell’umore mostrano effetti positivi nella riduzione delle problematiche interpersonali e nel miglioramento della depressione e della rabbia. Per quanto riguarda gli antidepressivi, esistono solo poche prove di efficacia che suggeriscono l’uso dei triciclici come trattamento specifico in presenza di depressione e ideazione suicidaria.

Il disturbo narcisistico di personalità è un disturbo della personalità che si caratterizza per idee di grandiosità, costante bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. 

 

L’atteggiamento dominante del narcisista è di difesa da potenziali ferite al proprio valore alle quali reagisce con senso di superiorità, arroganza e disprezzo, non prendendosi quasi mai la responsabilità delle proprie azioni (sottotipo overt) o sentendosi inferiore, vulnerabile alle critiche e spaventato dal confronto (sottotipo covert). Spesso le due facce coesistono, ma molti narcisisti possono mostrare più spiccatamente una delle due dimensioni.

 

Le persone narcisistiche possono essere eccitate da una situazione competitiva. La credenza “devo essere migliore degli altri” è attivata dall’urgenza di dimostrare la loro superiorità. Il soggetto narcisista sente la spinta ad accrescere il proprio status. Le persone con disturbo narcisistico di solito si rivolgono al terapeuta perché hanno ricevuto degli ultimatum sociali, un ribaltamento finanziario o altre minacce di umiliazioni, come la perdita percepita o reale dello status lavorativo, sanzioni disciplinari per comportamenti irresponsabili, di sfruttamento, aggressivi o di abuso di potere, la perdita della relazione con il partner o il figlio, o esiti negativi come la sospensione della patente, o altre infrazioni che derivano dalla grandiosità per cui “le regole non valgono per me”. Meno frequentemente, si rivolgono al terapeuta per mostrare sé stessi, cercando attenzione e ammirazione e mancando sostanzialmente di voglia di cambiare.

 

NARCISISTICO

 

Le stime di prevalenza del disturbo narcisistico di personalità nella popolazione generale sono dell’1% e interessa principalmente i maschi e i paesi capitalistici occidentali.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Narcisistico di Personalità

Per capire se una persona soffre di disturbo narcisistico di personalità devono essere riscontrabili cinque o più dei seguenti sintomi:

  • Idee grandiose di sé riassunte nella convinzione di meritare un trattamento speciale, di avere particolari poteri, talenti unici o di essere brillanti o attraenti, di dover frequentare persone altrettanto speciali o di status elevato;
  • Fantasie di successo illimitato, potere, fascino, bellezza o amore ideale;
  • Ritenere di non essere sufficientemente apprezzati e riconosciuti nel valore;
  • Senso di vuoto e apatia nonostante eventuali successi;
  • Richiesta eccessiva di ammirazione per le loro qualità speciali;
  • Tendenza allo sfruttamento degli altri;
  • Mancanza di empatia e quindi incapacità a riconoscere e identificarsi con i sentimenti e i bisogni degli altri;
  • Sentimenti di disprezzo, vergogna o invidia e atteggiamenti arroganti e presuntuosi.

 

NARCISISTA

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Narcisistico di Personalità

Il disturbo narcisistico di personalità potrebbe essere causato da molteplici condizioni. La maggior parte delle ricerche sostengono l’idea che a causare tale sintomatologia concorrano fattori ereditari e ambientali.

Per quanto riguarda i fattori ambientali, alcuni autori sottolineano il ruolo chiave di genitori che credono nella superiorità del futuro narcisista, che premierebbero solo le qualità in grado di sostenere l’immagine grandiosa di sé e che garantiscono il successo.

Altri autori, invece, ritengono che alla base del disturbo narcisistico di personalità vi sia un ambiente familiare incapace di fornire al bambino le necessarie attenzioni e cure, di riconoscere adeguatamente, nominare e regolare le sue emozioni, nonché di sostenere la sua autostima o i suoi desideri. Questo tipo di contesto disfunzionale tenderebbe a sviluppare l’idea di poter vivere facendo a meno dell’altro e di poter contare unicamente su sé stessi.

Un’altra ipotesi è che un ambiente eccessivamente iperprotettivo danneggia la fiducia del bambino in sé o che un ambiente oltremodo permissivo e indulgente comunica al bambino un senso di superiorità.

Un’ultima ipotesi è che il bambino vittima di offese e umiliazioni, soprattutto da parte dei coetanei, potrebbe risolvere la continua minaccia all’autostima sviluppando un senso di sé grandioso.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Narcisistico di Personalità

Il disturbo narcisistico di personalità può compromettere la vita professionale, sociale e affettiva delle persone che ne soffrono: il narcisista, nel momento in cui non ottiene il riconoscimento che crede di meritare e di fronte a eventuali critiche può reagire con rabbia o vergogna. Inoltre, dato che lo status sociale ricopre un ruolo fondamentale per la sua immagine, spesso si lega a persone famose o speciali che gli forniscono importanza di riflesso, sviluppando rapporti opportunistici e superficiali.

Quando non ricevono risposte alle loro continue richieste di ammirazione, di trattamenti di favore e alla soddisfazione immediata dei loro bisogni a discapito dell’altro, i narcisisti possono divenire furiosi o mostrare disprezzo e distacco e, mancando di empatia, ricorrere alla manipolazione per raggiungere i propri fini fino alla messa in atto di comportamenti abusanti per ottenere il potere che pensano perduto. Gli altri potrebbero decidere di allontanarli, sentendosi sfruttati, manipolati e non rispettati nei loro bisogni, con conseguenti periodi caratterizzati da forte ansia e depressione, spesso l’unica motivazione che li spinge a cercare aiuto da un professionista.

 

Trattamento del Disturbo Narcisistico di Personalità

I soggetti con disturbo narcisistico di personalità non si rivolgono allo psicoterapeuta proclamando la loro grandiosità, unicità e superiorità. Quello che manifestano è, in realtà, un quadro più complesso, fatto di emozioni negative e, spesso, di disturbi sintomatici e problematiche comportamentali che sono fondamentalmente l’espressione del mancato soddisfacimento del loro desiderio primario di essere riconosciuti per il proprio valore speciale.  Tutto quello che può compromettere lo stato desiderato di grandiosità e auto-efficacia, come per esempio il mancato riconoscimento in ambito professionale, la rottura di una relazione, la perdita di una gara o l’insuccesso scolastico viene interpretato dai narcisisti indicativo del loro fallimento e della loro inefficacia, con temi di vergogna, tristezza, paura e rabbia.

Si rivolgono spesso a uno specialista per quadri sintomatologici, come attacchi di panico o stati depressivi che scaturiscono dal fatto che la rappresentazione temuta di sé (sé difettoso, sé fallimentare) si sia affacciata alla loro coscienza e/o per l’abuso di alcol e di sostanze impiegate per ristabilire lo stato di grandiosità perso.

Tra i trattamenti di comprovata efficacia per la cura del disturbo narcisistico di personalità si può citare:

 

Psicoterapia:

La Terapia Cognitivo Comportamentale del disturbo narcisistico di personalità è finalizzata al raggiungimento del benessere psicologico, relazionale e lavorativo della persona.

Dopo una prima serie di incontri di valutazione, il terapeuta restituisce il caso mostrando al paziente il personale funzionamento mentale (pensieri, emozioni, comportamenti) e quindi i pensieri e i comportamenti che gli generano sofferenza. L’obiettivo, in primis, è quello di sostituire tali pensieri automatici negativi con altri più adattivi e realistici utilizzano la tecnica della ristrutturazione cognitiva. Un tipico lavoro è quello sul “pensiero tutto o nulla” che consiste nella tendenza dei narcisisti a considerarsi o meravigliosamente superiori o completamente senza valore. La ristrutturazione di questa forma di pensiero non mette in discussione il valore del narcisista, ma lo aiuta a limitare le aspettative eccessive che ha su di sé e sugli altri e a sostituirle con convinzioni alternative più realistiche come per esempio: “Uno può essere umano, come chiunque altro, ed essere ancora unico”; “Posso essere contento di essere come gli altri, piuttosto che dover essere sempre l’eccezione”; “Le cose comuni possono essere molto piacevoli”. Lo stesso processo di identificazione e sostituzione vale per i comportanti disfunzionali, come per esempio eventuali acting out di rabbia, caratteristici del disturbo. Alla terapia prettamente cognitiva è infatti necessario, successivamente, affiancare tecniche comportamentali specifiche per migliorare le abilità sociali come la capacità di gestire la rabbia, di entrare in intimità con l’altro, l’espressione dei propri bisogni senza la necessità di utilizzare la manipolazione e l’empatia e quindi la capacità di riconoscere il valore e l’importanza dei bisogni e dei sentimenti degli altri.

 

Terapia farmacologica:

Le evidenze a favore di una terapia farmacologica per il trattamento del disturbo narcisistico di personalità risultano piuttosto scarse, fatta eccezione per i casi in cui si ricorre ad essa per il trattamento di stati di Ansia sociale, Ipocondria, Depressione, stati di impotenza rabbiosa che il più delle volte motivano la richiesta di aiuto. Infatti, la terapia farmacologica non interviene sulle caratteristiche di personalità, ma può comunque essere molto utile per il trattamento delle eventuali conseguenze secondarie. In particolare, i farmaci che possono agire efficacemente sui fenomeni psicopatologici frequentemente associati al disturbo narcisistico di personalità sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), i farmaci anticonvulsivi, e gli stabilizzatori dell’umore.

Gli individui con disturbo istrionico di personalità mostrano comportamenti eccessivamente drammatici ed esibizionismo emotivo. 

 

Un desiderio intenso di affetto e attenzione guida i loro comportamenti autocentrati, seduttivi e manipolativi, senza considerare il loro impatto sugli altri.

 

Il disturbo istrionico di personalità è caratterizzato da una pervasiva ricerca di attenzioni e comportamenti eccessivamente drammatici che cominciano in età adulta e si presentano in una vasta gamma di situazioni.

 

ISTRIONICO

 

I segni e i sintomi di questo disturbo sono solitamente ego-sintonici, ovvero spesso gli individui non riconoscono che gli altri possono percepire il loro comportamento come superficiale, eccessivo o manipolativi perché nemmeno loro lo considerano tale. Questo porta spesso a difficoltà interpersonali, a relazioni disturbate e battaglie emotive con la rabbia e l’umore basso che attribuiscono a cause esterne. La stessa modalità viene mostrata al terapeuta, e dunque la terapia è, spesso, sfidante con molte insidie. Non è facile, infatti, coinvolgerli nel trattamento visto che sono molto manipolativi, emozionalmente labili e facilmente frustrati e distratti.

 

Gli individui con Disturbo Istrionico di Personalità sono affascinanti, energici, manipolativi, seduttivi, impulsivi, richiedenti ed esprimono in modo esagerato le emozioni.

 

La loro personalità eccentrica induce facilmente gli altri al coinvolgimento, ma le relazioni risultano spesso superficiali e transitorie.

Il loro comportamento provocatorio e/o seduttivo non è finalizzato alla relazione sessuale in sé ma rappresenta il personale tentativo di essere dipendenti e protetti.

 

La parola chiave per questo disturbo è “espressività”.

Implica la tendenza a drammatizzare o a rendere romantiche tutte le situazioni per cercare di impressione o catturare l’attenzione degli altri.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Istrionico di Personalità

Una persona con il disturbo istrionico di personalità si riconosce per:

  • Il disagio provato nei contesti in cui non è al centro dell’attenzione;
  • L’interazione con gli altri spesso caratterizzata da un comportamento inappropriato (comportamento seduttivo e/o provocante);
  • L’emotività esageratamente inappropriata, mutevole e superficiale;
  • L’uso dell’aspetto fisico come mezzo per attirare l’attenzione su di sé;
  • L’eloquio di tipo impressionistico e privo di dettagli;
  • L’alta suggestionabilità (sono facilmente influenzabili dagli altri e dalle circostanze);
  • La tendenza a considerare le relazioni più intime di quanto non lo siano realmente;
  • Preoccupazione per l’apparenza;
  • Comportamenti manipolativi;
  • Ipersensibilità alla critica.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Istrionico di Personalità

Le cause del disturbo istrionico di personalità sebbene non siano ancora del tutto chiare, vengono in genere ricondotte a fattori di ordine biologico e psicosociale.

Dal punto di vista biologico, le persone con disturbo di personalità istrionica presentano un temperamento caratterizzato da ipersensibilità e dalla ricerca compulsiva di rassicurazioni e gratificazioni all’esterno. Secondo il punto di vista psicosociale, alla formazione di questo tipo di personalità in età adulta concorrono esperienze precoci di mancanza di cure e di riconoscimento dei bisogni. Crescono in famiglie che non privilegiano il modo di essere del bambino rinforzando la credenza che per ricevere le cure necessarie bisogna ricercare l’attenzione e/o sedurre.  È possibile infine che gli adulti con questa personalità, da bambini, abbiano ricevuto le cure solo quando ammalati, ritenendo le lamentele l’unico modo per ricevere accudimento.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Istrionico di Personalità

Le persone con disturbo istrionico di personalità desiderano in continuazione stimoli nuovi e hanno la tendenza ad annoiarsi facilmente. Sono spesso intolleranti o frustrate da situazioni che comportano una gratificazione ritardata, e le loro azioni sono spesso indirizzate a ottenere una soddisfazione immediata. Anche se spesso avviano un lavoro o un progetto con grande entusiasmo, il loro interesse può ridursi in fretta fino all’abbandono dell’obiettivo. Per questa ragione hanno difficoltà a mantenere un lavoro compromettendo la loro carriera. Lo stesso vale per le relazioni a lungo termine nelle quali possono sentirsi trascurati e/o annoiati e far posto all’emozione di una nuova relazione.

 

CURA del Disturbo Istrionico di Personalità

Gli individui affetti da disturbo di personalità istrionica potrebbero non essere consapevoli della loro condizione fino a quando non si rivolgono a uno specialista per il trattamento di altre problematiche secondarie come la depressione o l’ansia, ad esempio per una relazione fallita.

 

Psicoterapia:

La Terapia Cognitiva-Comportamentale è un trattamento finalizzato a modificare gli stati mentali (pensieri, emozioni e comportamenti) disfunzionali e maladattivi impiegati dalla persona. Come abbiamo detto, le persone con disturbo di personalità istrionica potrebbero aver avuto dei genitori non accudenti o in continuo conflitto. Il fatto di essere stati trascurati o considerati solo se malati può aver contribuito alla formazione di credenze intermedie e di base disfunzionali che saranno oggetto di modifica attraverso opportune tecniche cognitive e comportamentali scelte tra un’ampia serie di strategie, all’interno di una relazione terapeutica solida e collaborativa.

Nello specifico, l’obiettivo è quello di ridurre i pensieri automatici negativi e le credenze, come per esempio non ritenersi in grado di prendersi cura di sé stessi, sostituendoli con altri più adattivi e mostrando i costi e benefici nel lungo termine.

Durante la terapia vengono potenziate le capacità di problem-solving e di assertività mediante tecniche comportamentali per le abilità sociali: il fine è di aiutare le persone con disturbo della personalità istrionica a fronteggiare gli eventi con le proprie risorse e a regolare le emozioni mettendo in opera nuovi schemi comportamentali.

Nello specifico gli aspetti su cui si svilupperà il trattamento sono:

  • Lavorare sulla relazione terapeutica;
  • Aumentare la tolleranza alla frustrazione;
  • Diminuire le manifestazioni di comportamenti eccessivamente drammatici o aggressivi;
  • Ridurre i pensieri catastrofici rispetto a una possibile disapprovazione o perdita di attenzione: l’obiettivo è quello di spostare l’attenzione dal sé alle circostanze mutevoli. Imparare che la critica non viene fatta alla persona in quanto tale ma alle azioni o circostanze del momento;
  • Aumentare le abilità sociali incluso il senso di empatia;
  • Imparare nuovi modi di entrare in relazione con l’altro evitando atteggiamenti troppo seducenti o provocanti;
  • Incrementare le capacità di ascolto dell’altro: imparare a essere spettatore (uditore) e non solo protagonista;
  • Aumentare il senso di auto-efficacia e di indipendenza diventando sempre meno sensibili alle attenzioni altrui.

Il disturbo antisociale di personalità può assumere varie forme: l’espressione del comportamento antisociale può cambiare in modo considerevole dall’essere subdolo, manipolativo e approfittatore fino all’attacco diretto.  Si caratterizza per un atteggiamento di disprezzo, inosservanza e violazione dei diritti delle altre persone e si manifesta con comportamenti di ostilità e/o aggressioni fisiche. L’inganno e la manipolazione sono le modalità comportamentali privilegiate di questo tipo di personalità. In molti casi, i comportamenti ostili e aggressivi possono comparire già durante l’infanzia e l’adolescenza. ANTISOCIALE

L’infanzia è di solito caratterizzata da piccoli furti, menzogne e scontri con chi rappresenta l’autorità. L’adolescenza è segnata generalmente da episodi di abuso di sostanze (marijuana, cocaina, eroina), gesti violenti nei confronti di persone e/o animali.

Una volta adulti questi soggetti sono incapaci di assumersi responsabilità, conservare un’occupazione e mantenere una relazione affettiva in maniera stabile. Il modo di rapportarsi agli altri è drasticamente connotato dalla superficialità e dalla mancanza di rispetto per i sentimenti e le preoccupazioni di chi li circonda. 

Elemento distintivo del disturbo antisociale è la mancanza del senso di colpa e rimorso per le azioni commesse. Le persone con questo disturbo possono, infatti, rimanere completamente indifferenti in seguito alla messa in atto delle proprie azioni di danneggiamento dell’altro.

 

La parola chiave per questo disturbo è “irresponsabile”

 

Dal momento che gli individui sono tutti estremamente irresponsabili in ambito lavorativo, finanziario, familiare, o nell’impatto delle loro azioni sugli altri.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Antisociale di Personalità

 

Sé e altri:

  1. Identificazione e ricerca di approvazione da parte di frequentazioni devianti (non ho nulla in comune con le persone che hanno una vita corretta”);
  2. Disprezzo degli altri, mancanza di empatia, assenza di rimorso, e insensibilità (“non ha senso preoccuparsi se si ferisce qualcuno”);
  3. Evitamento dell’intimità e vulnerabilità (“se mi mostro a qualcuno, approfitterà di me);
  4. Ostilità e sospettosità verso il personale della giustizia criminale (“i poliziotti sono i veri criminali”);
  5. Grandiosità e senso di diritto (“tutte le donne mi vogliono”);
  6. Tentativo di dominare e controllare gli altri (“nessuno può dirmi cosa fare”).

Interazione con l’ambiente:

  1. Ricerca del brivido e di eccitazione (“non c’è niente di più bello del brivido quando rubo”);
  2. Sfruttamento o manipolazione delle situazioni o delle relazioni per tornaconti personali (“non ha senso lavorare full time se si può prendere la disoccupazione);
  3. Ostilità verso regole, regolamenti e leggi (“le leggi sono lì per ostacolarti, piuttosto che per aiutarti”);
  4. Giustificare o minimizzare comportamenti pericolosi (“se non vendo droga ai miei vicini, lo farà qualcun altro);
  5. Atteggiamento volutamente lassista (le cose si aggiusteranno da sole);
  6. Abbandonare di fronte alle avversità (quando le cose sono difficili, rinuncio);
  7. Sottostimare le conseguenze negative (“non andrò mai in prigione per aver venduto droga perché conosco tutti i miei clienti).

Il Disturbo Antisociale della Personalità si distingue per i seguenti sintomi:

  • Senso grandioso di autostima;
  • Incapacità di accettare le norme sociali come regole del comportamento sociale;
  • Irresponsabilità nei rapporti interpersonali;
  • Incapacità a provare emozioni come il senso di colpa e la vergogna;
  • Assenza di gratitudine e di rimorso;
  • Frequente sperimentazione della rabbia, della noia e del disprezzo;
  • Bisogno di stimolazione e tendenza alla noia;
  • Incapacità di apprendere dall’esperienza;
  • Mancanza di coscienza morale e di umana simpatia;
  • Egoismo, incapacità di lealtà, insensibilità verso gli altri;
  • Tendenza a essere indifferenti, cinici e sprezzanti nei confronti dei sentimenti altrui;
  • Impulsività;
  • Temperamento disinibito;
  • Assenza di timore delle punizioni;
  • Incapacità di imparare dall’esperienza e dalle punizioni;
  • Tendenza a biasimare gli altri o a offrire plausibili razionalizzazioni per il loro comportamento;
  • Incapacità di provare empatia, cioè di comprendere i sentimenti degli altri, in particolare di come gli altri si sentono per le conseguenze delle loro azioni;
  • Incapacità di identificarsi con la vittima;
  • Incapacità di provare sentimenti di colpa per gli effetti che le proprie azioni lesive producono sulle altre persone;
  • Sfruttamento degli altri per il proprio tornaconto personale;
  • Stile relazionale sado-masochistico fondato sul potere piuttosto che sul legame affettivo;
  • Bassa tolleranza alla frustrazione;
  • Basso evitamento del pericolo;
  • Bassa dipendenza dalla ricompensa.

Secondo il DSM–5 non è possibile fare diagnosi di Disturbo Antisociale della Personalità prima dei 18 anni.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Antisociale di Personalità

Le cause del disturbo antisociale di personalità non sono note. Alcuni autori ritengono che al suo sviluppo concorrano fattori genetici e temperamentali altri invece ipotizzano l’intervento di un ambiente invalidante. In realtà è plausibile che vi sia un’interazione fra fattori: uno stile educativo disorganizzato, trascurante e abusante in concomitanza una precedente Diagnosi Disturbo della Condotta e/o Deficit di attenzione e iperattività (ADHD) può contribuire a una aumentata probabilità di incorrere a partire dai 18 anni in questo tipo di problematica.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Antisociale di Personalità

La tendenza delle persone con disturbo antisociale di personalità a non curarsi dei bisogni dell’altro, l’atteggiamento di totale indifferenza e l’assenza di rimorso pregiudicano gravemente la nascita di relazioni personali sincere con queste persone. Gli unici rapporti sviluppati sono basati sullo sfruttamento dell’altro finalizzato al raggiungimento dei propri scopi. A livello lavorativo la mancanza di disponibilità, le ripetute assenze ingiustificate e la tendenza a non rispettare le scadenze finanziare e le regole, possono portare questi soggetti a numerosi problemi legali.

 

CURA del Disturbo Antisociale di Personalità

I pazienti con disturbo antisociale della personalità raramente si rivolgono a un professionista volontariamente perché non sono consapevoli di avere un disturbo. Di solito, l’inizio di un percorso psicoterapico è successivo alla diagnosi di “psicopatia” fatta in tribunale a seguito di procedimenti penali in cui sono stati imputati. Il ricovero in ambienti come, ad esempio, gli ospedali psichiatrici, è il prerequisito essenziale per la pianificazione di trattamenti farmacologici e psicoterapici, i cui eventuali risultati possono comunque svanire con il tempo o una volta che il soggetto cambia ambiente.

Tra i trattamenti di comprovata efficacia per la cura del disturbo antisociale di personalità è possibile citare:

 

Psicoterapia:

La Terapia Cognitivo Comportamentale è stata solo recentemente applicata alla cura del disturbo antisociale di personalità. È consigliabile per il terapeuta, stabilire immediatamente delle linee guida insieme al paziente che saranno parte integrante del contratto terapeutico: in esse va regolata la frequenza degli incontri, la partecipazione attiva e il completamento di tutte le necessarie operazioni. Il principale obiettivo della terapia sarà quello di aiutare il paziente a capire come sia lui stesso a generare i suoi problemi e la sua sofferenza e di come le sue percezioni distorte gli impediscono di vedere lui stesso e il modo in cui gli altri lo vedono.

Poiché le personalità antisociali tendono a incolpare gli altri e a non provare rimorso per i danni recati, hanno una bassa tolleranza alle frustrazioni, sono impulsivi e raramente riescono a formare relazioni di fiducia. Il lavoro con queste persone è difficile perché non sono motivate al cambiamento e hanno gravi deficit di monitoraggio del proprio funzionamento: semplicemente pensano che anche gli altri fanno come loro.

I terapeuti devono divenire essi stessi consapevoli dei propri stati mentali per evitare di entrare e invischiarsi nei cicli interpersonali di questo disturbo compromettendo la relazione terapeutica che condurrebbe all’interruzione immediata della terapia. L’atteggiamento da tenere dovrebbe essere per lo più di accettazione e assenza di giudizio.

Va tenuto presente che il paziente che si presenta in terapia solo per evitare una pena detentiva è molto difficile che migliori, a meno che il terapeuta cerchi il modo di identificare un motivo interno al paziente che stimoli la motivazione a porre fine ai suoi comportanti aumentando la consapevolezza degli stati mentali che generano sofferenza.

QUALI SONO I DISTURBI DI PERSONALITÀ DEL CLUSTER C?

CONDOTTE DI COMPORTAMENTO ANSIOSO O INIBITO

 

Questi disturbi si caratterizzano soprattutto per alti livelli di ansiainibizione socialesentimenti d’inadeguatezza e un’ipersensibilità alle valutazioni negative.

La maggior parte degli individui qualche volta utilizza l’evitamento per alleviare l’ansia o per prevenire situazioni difficili. Il Disturbo Evitante di Personalità, invece, è caratterizzato da un modello pervasivo d’inibizione sociale, sentimenti d’inadeguatezza e ipersensibilità alle valutazioni negative. 

 

Le persone con questo disturbo sono preoccupate di essere ridicolizzate dagli altri, rifiutate o criticate. Questo le porta a evitare situazioni sociali nelle quali devono interagire con gli altri limitando nel tempo il normale sviluppo delle abilità sociali.

 

Le persone con disturbo evitante di personalità vivono generalmente isolate, spettatrici di un mondo al quale vorrebbero prendere parte ma per loro troppo spaventoso. Tendono, infatti, a pensare di non essere brave abbastanza, di poter essere rifiutate o ferite, di non piacere agli altri, di essere poco attraenti e socialmente inadeguate. Questi pensieri conducono a elevati stati di ansia nelle situazioni sociali, quali lavoro, amici, relazioni intime, che tendono accuratamente a evitare per paura di essere ridicolizzati, criticati e rifiutati. La condizione preminente è il “disagio e l’ansia sociale” e una marcata tendenza a svolgere una vita routinaria che ponga questi soggetti al riparo dai potenziali rischi costituiti dalla novità. 

 

Per poter vivere sensazioni positive e gratificanti, anche se momentanee, gli evitanti coltivano interessi e attività solitarie (es. musica, lettura, chat).

Il ritiro sociale infine conferma il loro personale senso di inadeguatezza sociale, in una spirale apparentemente senza fine.

 

La parola chiave con cui descrivere questo disturbo di personalità è “ipersensibilità”.

 

EVITANTE

 

La loro bassa tolleranza per i sentimenti negativi e la loro sensibilità al fallimento e al rifiuto pervade tutte le loro azioni.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Evitante di Personalità:

Il disturbo si manifesta tipicamente nella prima età adulta e include i seguenti sintomi:

  • Evitare di farsi coinvolgere in attività che comportano un significativo contatto interpersonale a causa della paura di essere criticati, ricevere disapprovazione o rifiuto;
  • Indisponibilità a interagire con gli altri a meno che non si è certi di piacere;
  • Mostrarsi frenati nelle relazioni sociali a causa della vergogna e della paura di essere ridicolizzati;
  • Preoccupazione eccessiva di essere criticati o rifiutati nelle situazioni sociali;
  • Inibizione nelle nuove situazioni sociali a causa del sentimento di inadeguatezza;
  • Tendenza a valutarsi inadeguati socialmente, inetti, poco attraenti o inferiori agli altri;
  • Tendenza a essere riluttanti ad assumere rischi personali o a impegnarsi in nuove attività perché potrebbe rivelarsi imbarazzante.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Evitante di Personalità?

Le cause del disturbo evitante di personalità non sono del tutto chiare, sebbene si ritenga che al suo esordio partecipino fattori di ordine genetico, psicologico (temperamento della persona) e sociale (ambiente nel quale la persona è cresciuta). Da numerose ricerche è emerso che storie di abuso fisico e psicologico, rifiuto ed emarginazione nel contesto del gruppo dei pari possano anch’esse condurre a un eccessivo desiderio di accettazione e difficoltà a ricevere eventuali critiche.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Evitante di Personalità

Le persone con disturbo evitante di personalità a causa di alti livelli di ansia sociale e percezione d’inadeguatezza nei contesti tendono a evitare ogni situazione nella quale, secondo loro, possono essere criticati, ridicolizzati o rifiutati. Di solito sono percepiti come molto timidi e distanzianti, rigidi o limitati e, di conseguenza, l’isolamento sociale delle persone con disturbo evitante di personalità potrebbe essere quasi totale con contatti limitati a pochi familiari. Questo tipo di disturbo compromette, infine, anche il funzionamento lavorativo sia per quanto concerne la possibilità di trovare lavoro che di avanzamento della carriera.

 

CURA del Disturbo Evitante di Personalità

Il ritiro sociale, tipico del disturbo evitante di personalità, sebbene protegga nel breve tempo dall’ansia di esporsi e dallo sperimentare il malessere generato dalla percezione d’inferiorità, dal senso di inadeguatezza e di esclusione, nel lungo termine conduce a una esistenza priva di stimoli, triste, con un visibile senso di vuoto. L’umore depresso o le crisi di panico sono le motivazioni che possono spingere il soggetto a richiedere un intervento psicologico. L’abbassamento del tono umorale può diventare molto serio e sfociare, addirittura, in idee suicidarie. Per affrontare il malessere legato alla depressione, a volte i pazienti evitanti possono abusare di sostanze (alcool, droghe, psicofarmaci ecc.).

 

Psicoterapia:

Il Trattamento Cognitivo-Comportamentale per il disturbo evitante di personalità lavora innanzitutto sull’analisi dei pensieri automatici disfunzionali, distorti e imprecisi, che sono alla base del disturbo. Tali pensieri, una volta identificati e condivisi con il paziente, sono messi in discussione mediante confutazione e sostituiti con nuovi pensieri più funzionali. Per esempio, supponiamo che il paziente creda fortemente di essere inferiore agli altri e che gli altri vorrebbero che andasse via dall’azienda presso la quale lavora. Il terapeuta, con varie tecniche, mette in discussione la validità dei pensieri chiedendogli il nome delle persone che hanno piacere a trascorrere del tempo con lui o altre esperienze in cui si è divertito con loro. In questo modo il terapeuta dimostra che esistono persone che desiderano stare con lui e con le quali si diverte e che, in generale, le sue paure e insicurezze nelle situazioni sociali sono irrazionali e infondate. Questo rappresenta un esempio semplice di una tecnica utilizzata nella terapia cognitivo-comportamentale chiamata ristrutturazione cognitiva. Vengono inoltre mostrati al paziente i cicli interpersonali, e quindi come le sue personali credenze influenzano anche gli altri con reazioni che alla fine non fanno altro che confermare la convinzione di base. L’obiettivo è quello di mostrargli eventuali strategie per affrontare le situazioni temute mediante tecniche comportamentali. L’analisi dei cicli interpersonali permette inoltre anche di migliorare la relazione terapeutica stessa, fondamentale per la prosecuzione e per il successo della terapia. Per esempio, in questo modo il paziente saprebbe che per via delle sue caratteristiche di personalità può percepire il terapeuta come critico o giudicante, aumentando il senso di sicurezza qualora questo accada ed eventualmente condividerlo in tempo reale e valutandone la veridicità.

 

Terapia Farmacologica:

Varie classi di psicofarmaci, come gli antidepressivi di tipo triciclico, gli inibitori delle mono-amino-ossidasi, gli inibitori selettivi della serotonina e gli inibitori duali di serotonina e noradrenalina, possono essere utili nel ridurre la sensibilità individuale al timore del rifiuto, della critica e ai sentimenti di imbarazzo e vergogna. Le benzodiazepine sono indicate per il trattamento di stati ansiosi o di panico, nervosismo e tensione causati dal dover far fronte a situazioni sociali solitamente evitate. I β-bloccanti si sono rilevati efficaci per gestire l’iperattività del sistema nervoso autonomo (sudorazione, tremori, arrossamenti, ecc.) che si manifestano quando si affrontano situazioni temute.

La dipendenza può essere definita come un bisogno eccessivo di fare affidamento sugli altri per supporto, guida, nutrimento e protezione (Bornstein2012). Gli individui con disturbo dipendente di personalità hanno significativi livelli di ansia, innescati dal prendere decisioni quotidiane, iniziare o completare compiti, e dal percepire un rifiuto da parte degli altri (APA, 2013). 

 

DIPENDENZA

 

Per regolare questo disagio, i soggetti cercano guida, rassicurazione e supporto. Spesso preferiscono rinunciare ad avere il controllo anche su aspetti quotidiani della propria vita, chiedendo consigli su cosa indossare, cosa scegliere al ristorante o a che ora prendere un appuntamento. Molto spesso queste persone si sentono impotenti di per sé e così, cercando supporto, riducono l’ansia correlata alla percepita onerosità del prendersi cura di sé.

 

La caratteristica chiave del disturbo dipendente di personalità è, appunto, l’eccessivo bisogno di cure e di protezione associato alla paura di rimanere soli. La necessità di essere accuditi può portare la persona dipendente a ritenere gli altri significativi indispensabili, a sottomettersi ai loro bisogni e desideri e a pensare di avere enormi difficoltà a iniziare e proseguire qualsiasi attività senza il loro aiuto.

 

Gli individui con disturbo dipendente di personalità hanno un’immagine di sé come impotenti e quindi cercano di legarsi a qualche figura più forte che possa fornire loro le risorse per sopravvivere ed essere felice.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Dipendente di Personalità

Per capire se una persona soffre di disturbo dipendente di personalità si devono poter riscontrare almeno cinque di questi sintomi:

  • Difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza il ricorso a suggerimenti, rassicurazioni e consigli da parte degli altri;
  • Richiesta agli altri di assumersi responsabilità che dovrebbero spettare a loro;
  • Paura di essere in disaccordo con gli altri e rischiare disapprovazione;
  • Difficoltà a iniziare progetti senza il supporto di altri;
  • Eccessivo bisogno di protezione e supporto da parte di altri, anche permettendo ad altri di imporre loro stessi piuttosto che rischiare il rifiuto o la disapprovazione;
  • Sentirsi vulnerabili e indifesi quando soli;
  • Cercare disperatamente una relazione non appena ne è terminata una;
  • Preoccupazione irrealistica di essere lasciati soli e di non essere in grado di prendersi cura di sé stessi.

 

Quali sono le CAUSE del Disturbo Dipendente di Personalità

Le cause del disturbo non sono ancora del tutto conosciute. Tuttavia, i professionisti della salute mentale ipotizzano che fattori genetico-temperamentali e ambientali contribuiscono in interazione al suo sviluppo. Anche la particolare sensibilità all’ansia, l’attaccamento insicuro e la visione pessimista hanno un ruolo nell’insorgenza di questa problematica di personalità.

Le ricerche hanno dimostrato un’alta correlazione fra il comportamento dipendente in bambini di 7-8 anni e la personalità dipendente in età adulta. La tendenza in queste famiglie è quella di controllare eccessivamente i bambini scoraggiando l’indipendenza. Alcune persone, in corso di trattamento, si aspettano per esempio di essere criticate in caso in cui prendono decisioni autonomamente, sostenendo che questo tipo di aspettativa derivi da ciò che accadeva con i membri della propria famiglia.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Dipendente di Personalità

In genere le persone con il disturbo dipendente di personalità si scelgono partner con caratteri forti, spesso narcisisti che assumono nei loro confronti comportamenti dominanti e che, in alcuni casi, possono divenire abusanti. La paura di perdere le persone ed essere abbandonati e lasciati soli, tipica del disturbo dipendente di personalità, rende infatti queste persone potenziali vittime di manipolazione e abusi. Trovano difficoltà a esprimere disaccordo e a prendere decisioni indipendentemente dagli altri provando paura e panico solo all’idea di fare qualcosa da soli senza l’aiuto di nessuno. Ciò genera nell’altro da una parte un forte senso di coercizione nel doverli continuamente assistere e, dall’altra, una sempre maggiore sensazione di potere all’interno della coppia. Dato che rimanere da soli è estremamente duro o valutato come impossibile, qualora dovesse interrompersi la relazione, ne cercherebbero immediatamente un’altra come fonte di supporto.

 

CURA del Disturbo Dipendente di Personalità

Gli esperti raccomandano la psicoterapia come cura primaria per il disturbo dipendente di personalità. Gli obiettivi della terapia saranno l’indipendenza del paziente e lo sviluppo di competenze sociali, affettive e comportamentali. Le terapie più brevi (Approfondisci il mio Modello terapeutico) vanno in genere preferite alle terapie a lungo termine poiché queste ultime potrebbero intensificare la dipendenza sul terapeuta e uno stato di forte ansia nel paziente nel momento in cui si conclude la terapia e va reciso il rapporto. Per questa ragione il terapeuta dovrebbe essere consapevole di questo funzionamento e prendere misure preventive contro la sua occorrenza.

Questo tipo di pazienti, soprattutto con l’inizio della terapia, tendono a essere così collaborativi da creare aspettative nel terapeuta che il trattamento sarà facile e di breve durata. Ma non è così e il terapeuta se ne accorgerà quando questi pazienti si aggrapperanno alla terapia e chiederanno sedute aggiuntive e disponibilità telefonica, resistendo agli sforzi di incoraggiamento verso una vita più autonoma. Aiutare i pazienti a raggiungere l’autonomia rappresenta, quindi, la vera e propria sfida del trattamento.

Per aiutarli in questo percorso è necessario che la persona impari a separarsi dalle altre figure significative (incluso il terapeuta) e accresca la sicurezza in sé stessa e il sentimento di auto-efficacia. Questo lavoro deve essere fatto gradualmente e con una certa delicatezza. L’approccio collaborativo tipico della terapia cognitivo-comportamentale può essere usato per incoraggiare i pazienti ad assumere un ruolo più attivo.

 

Psicoterapia:

La Terapia Cognitivo-Comportamentale può aiutare le persone con questo tipo di problema a sviluppare una modalità di pensiero e di interpretazione degli eventi più sana e accurata. I pensieri influenzano la propria identità e quindi il modo in cui ci vediamo e comportiamo e il nostro funzionamento interpersonale. Il terapeuta impiegherà le tecniche cognitivo-comportamentali, come la ristrutturazione cognitiva, per mettere in discussione le credenze distorte e disfunzionali del paziente e, di conseguenza, le sue emozioni e comportamenti. In seguito, il trattamento può focalizzarsi su interventi espliciti volti ad aumentare la consapevolezza e a scoraggiare comportamenti disfunzionali, come una richiesta eccessiva di rassicurazioni. Si svilupperà un ampio range di abilità volte a tollerare le emozioni negative, quali la Mindfulness e il protocollo MBSR, gestire le situazioni stressanti attraverso il Problem Solving e il Training di Assertività e affrontare le emozioni negative, anche attraverso delle tecniche di rilassamento e la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sugli schemi. Questo permetterà di sviluppare strategie per regolare le emozioni negative che porteranno a un aumento del senso di competenza e auto-efficacia. Infine, per la cura del disturbo dipendente di personalità è indicato un lavoro di tipo meta-cognitivo durante il quale il terapeuta con la collaborazione del paziente identifica i cicli interpersonali, ovvero come le modalità di pensiero di una persona intervengono nella relazione, spesso confermando i timori iniziali del paziente.

 

DEPRESSIONE E ANSIA NEL DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITÀ

La Depressione è uno dei più comuni problemi presenti nelle persone che soffrono di disturbo dipendente di personalità e si manifesta con una generale mancanza d’iniziativa, con un sentimento che li porta a sentirsi indifesi e con una difficoltà di problem solving e decision making. 

Anche i disturbi d’ansia sono spesso associati al disturbo dipendente di personalità, poiché fanno affidamento sulle altre persone senza le quali ritengono di non poter vivere, sono molto predisposti all’ansia da separazione, sono sempre preoccupati di essere abbandonati e lasciati da soli senza protezione. 

ANSIA

 

Gli attacchi di panico possono verificarsi nel momento in cui prevedono e temono nuove responsabilità che non credono di poter affrontare, mentre la presenza di fobie assicura le cure e la protezione fornendo dei vantaggi secondari pienamente conformi con il loro orientamento di base, ma confermando anche la credenza secondo la quale non sono capaci a fare nulla senza l’intervento di un altro.

Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità include attenzione ai dettagli, autodisciplina, controllo emotivo, perseveranza, affidabilità e buone maniere. Tuttavia, alcuni individui posseggono queste qualità in una forma così estrema che causa un funzionamento compromesso o un disagio soggettivo. 

 

PERSONALITA

 

Gli individui con questo disturbo di personalità sono caratterizzati dalla tendenza al perfezionismo, da elevati standard di prestazione e devozione per il lavoro e per la produttività che si traducono nell’attenzione minuziosa per dettagli, procedure e liste. Sono presenti, inoltre, un’eccessiva preoccupazione per l’ordine, perseveranza, ostinazione, indecisione, inflessibilità, difficoltà a manifestare le proprie emozioni e tendenza ad essere molto ruminativi, coscienziosi, moralisti e critici, soprattutto verso i propri errori.

Le persone con disturbo ossessivo-compulsivo di personalità tendono a essere rigide, hanno difficoltà a delegare le attività in quanto ritengono che l’altra persona non sia in grado di svolgere il compito altrettanto bene, possono essere avare e sentire il bisogno di controllare il denaro al fine di prevenire eventuali catastrofi.

 

OSSESSIVO COMPULSIVO

 

I problemi che si presentano più comunemente nei soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo di personalità sono una qualche forma di ansia, un perfezionismo compulsivo, rigidità e un comportamento guidato da regole. Tutto questo li predispone a un’ansia cronica tipica del disturbo d’ansia generalizzato. L’ansia cronica può intensificarsi al punto da causare anche un disturbo di panico, perché gli individui con DOCP vivono uno stress elevato dato dal conflitto tra la loro compulsività e le pressioni sociali e lavorative. Un altro problema di questi soggetti è la depressione, che può assumere la forma di un disturbo distimico o di una depressione maggiore. Possono inoltre sviluppare una serie di disturbi psicosomatici (mal di testa, mal di schiena, costipazione e ulcere) dovuti alla loro attivazione fisiologica elevata e cronica. Anche i disturbi sessuali possono rappresentare un problema. Il disagio compulsivo legato alle emozioni, la mancanza di spontaneità, l’iper-controllo e la rigidità impediscono una piena e libera espressione della propria sessualità. I disturbi sessuali più comuni sono la mancanza di desiderio, l’incapacità di provare un orgasmo e la dispareunia nelle donne, e l’eiaculazione precoce e ritardata negli uomini.

Spesso i soggetti con DOCP possono presentarsi in terapia per problemi di coppia, relazionali e lavorativi.

 

Come capire se una persona soffre di Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità

La persona con disturbo ossessivo-compulsivo di personalità presenta almeno cinque dei seguenti sintomi in una varietà di contesti:

  • Ansia;
  • Difficoltà a esprimere stati d’animo ed emozioni;
  • Preoccupazione per i dettagli, regole, liste, ordine, organizzazione e difficoltà a individuare le priorità con conseguente perdita dell’obiettivo principale;
  • Eccessivo perfezionismo che interferisce con il completamento dei compiti (ad esempio, non è in grado di completare un progetto a causa di standard eccessivamente rigidi);
  • Senso di colpa nel caso in cui non ha soddisfatto gli standard lavorativi;
  • Critica eccessiva e insoddisfazione per sè stessi e per propri risultati;
  • Eccessiva dedizione al lavoro e alla produttività a discapito di attività di svago e di amicizia;
  • Difficoltà a empatizzare, ovvero a comprendere e ad apprezzare idee, sentimenti e comportamenti altrui;
  • Coscienziosità, scrupolosità, rigidità morale, etica o valoriale;
  • Difficoltà a scartare oggetti usurati o senza valore, anche quando non hanno alcun valore sentimentale;
  • Riluttanza a delegare compiti o a lavorare con gli altri salvo che non si sottomettano o assecondino il suo modo di fare le cose;
  • Avarizia: il denaro è visto come qualcosa da accumulare per fronteggiare catastrofi future;
  • Rigidità, testardaggine, tendenza al controllo e passività.

 

Quali sono le cause del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità

Un ruolo rilevante nell’insorgenza del disturbo ossessivo-compulsivo di personalità sembra essere ricoperto da esperienze precoci nell’ambiente familiare. È possibile che sia cresciuto con genitori iper-controllanti e poco affettuosi, estremamente responsabilizzanti e rimproveranti. Potrebbero avere richieste esagerate rispetto all’età del figlio, vedendo in questi un adulto in miniatura, e potrebbero porre eccessiva enfasi sui valori morali e sui principi etici inibendo contemporaneamente tutte le emozioni e comportamenti che appaiono incompatibili con tali valori (per esempio rabbia, sessualità, ecc.). Tali caratteristiche contribuiscono alla costruzione di una relazione di attaccamento contraddistinta da bassa cura, alto controllo e ambiguità: la figura di riferimento invierebbe sistematicamente messaggi contraddittori, comunicando affetto e apprezzamento sul piano verbale, ma freddezza, indifferenza e disapprovazione su quello non verbale.

 

CONSEGUENZE del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità

Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità è associato a difficoltà nel funzionamento psicosociale e a una ridotta qualità della vita. Dal punto di vista professionale, la tendenza al perfezionismo compromette la capacità di portare a termine i compiti assegnati, a capire quale compito ha la priorità o qual è il miglior modo di risolvere un problema.

Dal punto di vista relazionale, l’eccessiva dedizione alle attività di lavoro e alla produttività, a discapito dello svago e delle amicizie, rende difficile lo sviluppo e il mantenimento di una adeguata rete sociale. Inoltre, la tendenza alla tristezza o alla rabbia nelle situazioni nelle quali non sono capaci di mantenere il controllo sull’ambiente circostante, unita all’avarizia e alla difficoltà di esprimere almeno direttamente le emozioni, fa sì che le poche relazioni sociali stabilite siano fredde e superficiali.

CURA del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità

I soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo di personalità possono inizialmente rivolgersi a un professionista per via di disturbi correlati di ordine psicofisiologico. Raramente si presentano per il loro perfezionismo, inflessibilità o l’iper-controllo delle emozioni e del comportamento. Tali pazienti, a causa della difficoltà a scaricare le proprie tensioni interne e della tendenza a reprimere le proprie emozioni, spesso presentano manifestazioni di tipo psicosomatico come, ad esempio, impotenza sessuale, senso di stanchezza e sovraccarico, mal di schiena, mal di testa, ulcere, ecc.

Il successo del trattamento si manifesterà nella riduzione della tensione, del dolore o del disagio, insieme a una maggiore flessibilità nell’applicare gli standard e migliorare la produttività, la gestione del tempo e le relazioni interpersonali. Con questi pazienti, sarà importante essere precisi nell’elencare gli obiettivi da raggiungere. Molto spesso il loro perfezionismo li porterà a procrastinare e a non fare i compiti assegnati dal terapeuta. Saranno però poco consapevoli dei pensieri automatici che determinano questo comportamento, “non voglio fare questo compito perché voglio essere in grado di farlo perfettamente”, “devo evitare gli errori per essere una persona di valore”.

 

Psicoterapia:

La Terapia Cognitivo-Comportamentale si pone come scopo fondamentale quello di favorire nel paziente i cambiamenti utili a condurre uno stile di vita più flessibile e sereno. Condizione necessaria è la creazione di un ambiente collaborativo grazie al quale terapeuta e paziente stabiliscono insieme gli obiettivi terapeutici da raggiungere per ridurre la sofferenza psicologica riportata. All’inizio verrà spiegato al paziente che le emozioni e il comportamento sono correlati ai suoi pensieri e al significato che attribuisce agli eventi della vita.

 

Terapia Farmacologica:

L’intervento farmacologico con i pazienti che soffrono di disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, quando ritenuto necessario, può includere l’uso di farmaci ansiolitici e antidepressivi. Il vantaggio della somministrazione di tali farmaci sta nel fatto che, alleviando l’ansia e la depressione che contribuiscono alla persistenza dei sintomi, i pazienti si mostrano più collaborativi, ampliando le possibilità del terapeuta di intervenire sulla loro rigida struttura di personalità.

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