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COSA SONO I DISTURBI CORRELATI A EVENTI TRAUMATICI E STRESSANTI?

Come suggerisce il nome, i disturbi correlati a trauma e stress sono conseguenze dell’esposizione a uno o più eventi traumatici o stressanti.

La parola trauma deriva dal greco e significa danneggiare, ledere, contiene inoltre un duplice riferimento a una ferita con lacerazione, ed agli effetti di uno shock violento sull’insieme dell’organismo. Originariamente di pertinenza delle discipline medico-chirurgiche, durante il XVIII secolo il termine è stato usato in psichiatria e psicologia clinica per indicare l’effetto soverchiante di uno stimolo sulle capacità dell’individuo di farvi fronte.

Esperienze traumatiche diverse sono associate a differenti probabilità di sviluppare un disturbo post traumatico perché l’effetto sulla persona dipende dal tipo e dalla gravità del trauma subito. Non tutte le persone che subiscono traumi sviluppano un disturbo ad esso collegato, ma per fare diagnosi di disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti è necessario individuare sempre tra i criteri il fattore eziologico causale diretto del trauma.

Disturbi correlati a trauma e stress sono scatenati dall’esposizione allo stress o a eventi traumatici anche se, le manifestazioni sintomatiche, possono essere molto diverse da disturbo a disturbo. 

 

In alcuni casi il trauma psicologico può manifestarsi attraverso emozioni di paura e ansia, spesso collegate al contesto stressante, in altri casi invece, al posto dell’ansia, è possibile osservare altri sintomi come anedonia o disforia, sentimenti di rabbia e aggressività, o anche sintomi dissociativi.

 

I disturbi correlati a trauma e stress, sono quelli che tratto in studio nella pratica clinica mediante Psicoterapia Breve Integrata, collaborando in parallelo con studi legali che tutelano gli interessi dei loro clienti, occupandosi di risarcimento del danno, ad esempio quando un paziente subisce un grave incidente o in seguito a una pratica medica scorretta. 

 

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QUALI SONO I DISTURBI CORRELATI A EVENTI TRAUMATICI E STRESSANTI?

Il Disturbo da Stress Post-Traumatico, detto anche PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), è un disturbo presente nel DSM-5 nel capitolo dei disturbi correlati a trauma e stress. In passato definito anche nevrosi da guerra, perché spesso osservato nei soldati impegnati in battaglia anche dopo essere rientrati in patria, il PTSD è un disturbo che in genere manifesta i suoi sintomi a seguito di un evento particolarmente traumatico, evento che interrompe il flusso continuo della vita naturale di un soggetto. Ad esempio, l’essere stato sotto i bombardamenti, oppure essere sopravvissuti al crollo di un edificio, o aver avuto un incidente o aver subito una violenza sessuale etc. In genere il soggetto che soffre di disturbo da stress post-traumatico presenta ansia, depressione, ricordi emotivamente molto intensi e immagini disturbanti dell’evento traumatico.

 

Ma perché non tutti presentano l’insorgenza di tale disturbo, pur venendo esposti allo stesso evento traumatico?

 

Lacan, famoso psichiatra, psicoanalista e filosofo francese, prova a indicarne il motivo: “non è trauma semplicemente ciò che ha fatto irruzione a un certo momento e ha incrinato da qualche parte una struttura immaginata totale. Il trauma è dato dal fatto che certi avvenimenti vengono a situarsi in un certo posto di quella struttura. E, occupandolo, vi assumono il valore significante che vi è connesso in un determinato soggetto. Ecco in che cosa consiste il valore traumatico di un avvenimento”.

Nonostante si trovino descrizioni del Disturbo da Stress Post-Traumatico anche in testi classici come l’Iliade di Omero, lo studio sistematico di questo disturbo è iniziato solo durante la prima guerra mondiale, ma è con la guerra in Vietnam, dove si registrarono altissimi tassi di PTSD in soldati americani, che il disturbo cominciò ad essere conosciuto e a diventare argomento di dibattito pubblico. Dopo l’introduzione del DSM-III nel 1980, venne ufficialmente introdotto e riconosciuto il Disturbo da Stress Post-Traumatico.

 

POST-TRAUMATICO-DA-STRESS

 

I criteri del DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) per il PTSD riguardano sia adulti, sia adolescenti che bambini sopra i 6 anni. Sotto i 6 anni i criteri diagnostici cambiano.

I criteri del DSM-5 per il disturbo da stress post-traumatico sono:

A. Essere esposti ad un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale in uno dei seguenti modi:

  • Avere fatto una esperienza traumatica diretta
  • Avere assistito ad una esperienza traumatica di qualcun altro
  • Essere venuto a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un familiare o ad un amico
  • Essere esposti più volte o in modo estremo a dettagli sgradevoli di un evento traumatico (questo criterio non si applica ad eventi o dettagli conosciuti attraverso televisioni, giornali o altro media)

B. La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi:

  • Ricorrenti, involontarie ed intrusive memorie disturbanti dell’evento traumatico
  • Ricorrenti incubi in cui il contenuto è legato al trauma
  • Reazioni dissociative (come i flashback) che portano il soggetto a sentire e comportarsi come se stessero rivivendo il trauma
  • Stati intensi e prolungati di disagio psicologico che si attivano da stimoli interni o esterni (ad esempio sentendo un particolare odore) che sono collegate al trauma
  • Reazioni fisiologiche marcate che si attivano da stimoli interni o esterni collegati al trauma

C. Evitamento costante di stimoli associati agli eventi traumatici.

Tale evitamento deve essere iniziato a seguito dell’evento traumatico e può essere di due tipi:

  • Evitamento o sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico.
  • Evitamento o sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico e che scatenano pensieri, ricordi e sensazioni sgradevoli.

D. Alterazioni nel pensiero o nell’umore che iniziano o peggiorano a seguito dell’evento traumatico.

Per soddisfare il criterio sono necessari almeno due sintomi tra questi indicati:

  • Incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma.
  • Pensieri e credenze esageratamente negative e persistenti che riguardano se stessi, gli altri e il mondo.
  • Persistenti cognizioni distorte sulle cause e le conseguenze dell’evento traumatico che portano l’individuo ad incolparsi dell’accaduto.
  • Uno stato emotivo negativo persistente (ad es. costante sensazione di colpa, vergogna, ansia, terrore)
  • Marcata diminuzione di interessi e partecipazione alle attività quotidiane
  • Sensazione di distacco o straniamento dagli altri.
  • Persistente incapacità a sentire emozioni positive

E. Marcate alterazioni nell’arousal e nella reattività associati all’evento traumatico che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico.

Sono necessari almeno due dei seguenti sintomi:

  • Umore irritabile e scatti di rabbia espressi con aggressioni verbali o fisiche verso oggetti o persone
  • Comportamenti spericolati o auto-distruttivi
  • Ipervigilanza
  • Reazioni di trasalimento esagerate
  • Problemi di concentrazione
  • Disturbi del sonno

Tutti i criteri (A, B, C, D ed E) devono essere presenti da almeno un mese.

F. Il disturbo deve causare un significativo disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo in altre importanti aree del funzionamento.

G. Il disturbo non è attribuibile all’uso di sostanze o farmaci o altra condizione medica

 

 POST-TRAUMATICO-DA-STRESS

 

Inoltre, la diagnosi di Disturbo da Stress Post-Traumatico può essere meglio specificata se sono presenti depersonalizzazione e derealizzazione. La depersonalizzazione è la costante sensazione di non essere in contatto con sé stessi, come se ci si guardasse da fuori (ad esempio avere un alterato senso del sé o del proprio corpo). La derealizzazione invece è la sensazione di irrealtà del mondo circostante, come se ciò che viene percepito fosse irreale, distante o distorto.

È comunque opportuno ricordare che non tutti gli eventi traumatici della vita portano allo sviluppo di un disturbo post-traumatico da stress. È comune infatti che gli eventi traumatici provochino naturalmente una forma di disagio psicologico ma, in molti casi (circa nel 70-80% dei casi), questi sintomi tendono a risolversi spontaneamente con il passare del tempo.

Quando però questi sintomi non si risolvono, si presentano in modo molto intenso per un periodo prolungato (il DSM-5 definisce 1 mese come periodo minimo per poter fare diagnosi di PTSD) allora siamo di fronte ad un disturbo e come tale va riconosciuto e affrontato grazie anche all’aiuto di un professionista che faciliti la naturale elaborazione dell’evento traumatico.

Negli ultimi anni si sta diffondendo in psicologia clinica e psichiatria il concetto di “micro-traumi”. 

Quindi non solamente un evento grave o catastrofico può causare un PTSD, ma anche la presenza di molteplici piccoli eventi stressanti o avversi (ad esempio il mobbing, l’isolamento imposto dal Coronavirus) possono portare a sviluppare gli stessi sintomi di un unico PTSD più grande e rilevante. Per questo è importante affrontare prontamente situazioni di disagio psicologico, attraverso opportune strategie psicoterapeutiche, per favorire una veloce elaborazione del trauma.

Non esiste un’ipotesi certa circa le cause del Disturbo Post Traumatico da Stress: 

 

Tra le ipotesi più accreditate sembra che avvenga nella persona uno squilibrio a livello dei neurotrasmettitori che determina un blocco del sistema e l’informazione acquisita al momento dell’evento, incluse le immagini, i suoni, l’emotività e le sensazioni fisiche, viene conservata a livello neurologico provocando incubi, flashback e pensieri intrusivi.

 

Trattamento: come per altri disturbi, capita frequentemente che le persone si vergognino dei loro sintomi o che cerchino di “fare da sole”, affrontando un trauma in solitudine. Questo in genere non aiuta, anzi tende a peggiorare la condizione che lentamente può diventare cronica. Una delle cose più importanti è quella di chiedere un aiuto specialistico a un professionista della salute che possa fare una prima diagnosi e valutare se l’intensità dei sintomi richiede un supporto farmacologico oppure no.

 

Terapie farmacologiche:

La sintomatologia in fase acuta del Disturbo Post Traumatico da Stress spesso è caratterizzata da gravi livelli di angoscia, ansia, terrore e disperazione accompagnati da insonnia. Quindi risulta opportuno valutare la necessità di associare all’intervento psicologico, specialmente nelle prime fasi del trattamento, un trattamento farmacologico che attenui l’intensità della sintomatologia ansiosa potenziando l’azione psicoterapeutica. Da un punto di vista farmacologico, gli antidepressivi Inibitori Selettivi della Serotonina (SSRI) si sono mostrati utili nell’attenuazione dei sintomi disturbanti.

 

Psicoterapia:

Per quel che concerne gli approcci terapeutici, i due più efficaci e diffusi sono la Psicoterapia Cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma.

Nella pratica clinica, oltre a curare tale disturbo mediante psicoterapia, mi occupo anche di fornire una valutazione psico-diagnostica quantitativa del danno subito da un paziente in seguito a traumi da incidente stradale o a danni derivanti da responsabilità medica (errori, omissioni o in violazione degli obblighi inerenti all’attività stessa), collaborando con diversi studi legali che si occupano specificatamente di risarcimento del danno.

Il Disturbo Acuto da Stress può successivamente dar vita a Disturbi Post Traumatici da Stress (PTSD).

Nel DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) è definito secondo alcuni criteri peculiari, tra i quali ricordiamo:

  • L’esposizione a una situazione di forte minaccia, alla vita o all’integrità fisica (questo comprende anche la dimensione sessuale), per se stessi o altri.
  • La possibile comparsa di pensieri intrusivi o dissociazioni.
  • Impossibilità a provare emozioni positive.
  • Sintomi di evitamento, sia a livello cognitivo che comportamentale.
  • Irritabilità, difficoltà di concentrazione o ipervigilanza

La differenza sostanziale tra Disturbo da Stress Acuto e Disturbo Post Traumatico da Stress è relativa al tempo di insorgenza e di durata del disturbo. Se questi sintomi sono presenti fino ad un mese dopo l’evento traumatico allora si parla di disturbo da stress acuto, quando invece si supera il mese e i sintomi continuano ad essere presenti la diagnosi cambia e si parla di PTSD.

L’influenza ambientale, la risposta comportamentale, emotiva e cognitiva del soggetto sono componenti evidenti di questo quadro clinico, nelle quali bene si può inserire la Terapia Cognitivo-Comportamentale.

 

Il quadro sintomatologico è caratterizzato da umore depresso, tristezza, preoccupazione, ansia, insonnia e bassi livelli di concentrazione. Poiché si tratta di una “famiglia di disturbi”, e non di un disturbo singolo, il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) richiede di specificare quali siano i sintomi prevalenti (umore depresso, ansia, misto di ansia e umore depresso, disturbi della condotta, o misto di disturbi emotivi e della condotta).

Nei Disturbi dell’Adattamento:

  • i sintomi emotivi (la marcata sofferenza sperimentata, l’umore depresso, l’ansia, ecc.) e comportamentali (problemi in ambito sociale e occupazionale) si sviluppano a seguito di un recente evento stressante;
  • si riscontrano alti livelli di sofferenza, che sono sproporzionati rispetto alla gravità/intensità dell’evento stressante;
  • i sintomi si manifestano entro i 3 mesi dall’esposizione all’evento stressante;
  • i sintomi non persistono per più di 6 mesi dall’evento stressante o dal superamento delle sue conseguenze (APA, 2013).

I Disturbi dell’Adattamento, a differenza del Disturbo da Stress Acuto e del PTSD, insorgono a seguito di eventi stressanti caratterizzati da qualsiasi livello di gravità, quindi non necessariamente di natura estrema. Come accennato all’inizio, questi disturbi rappresentano una risposta disadattiva a breve termine a tali eventi, possono infatti essere diagnosticati in seguito alla morte di una persona cara quando l’intensità, la qualità o la persistenza delle reazioni di dolore eccedono quelle che possono essere normalmente attese oppure in seguito a una diagnosi di tumore che scatena per sua natura forti reazioni psicologiche. 

 

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Trattamento: sebbene i sintomi disturbanti vadano in genere incontro a remissione spontanea nel giro di 6 mesi, è comunque consigliabile ricorrere a un supporto psicologico per diverse ragioni:

  • abbreviare la durata del disagio psicologico esperito;
  • ridurre i sintomi cronici quando il fattore di stress è prolungato;
  • rafforzare la propria resilienza psicologica in vista di fattori di stress ricorrenti;
  • prevenire la comparsa di altre condizioni più invalidanti, ad esempio l’insorgenza di un franco episodio depressivo.

Interventi consigliati sono la Terapia Cognitivo Comportamentale centrata sul trauma, tecniche di rilassamento e approcci di auto-aiuto (Domhardt & Baumeister, 2018).

Gravi condizioni di trascuratezza ed esperienze traumatiche, avvenute fin dai primi mesi di vita, possono far insorgere il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento: l’assenza di accudimento adeguato durante l’infanzia, un ambiente caratterizzato da abusi e l’impossibilità di sviluppare una relazione di attaccamento con il caregiver sono la base eziopatologica di questo disturbo. Per questo motivo il disturbo è inserito tra i disturbi correlati a trauma e stress.

Nello specifico i bambini che soffrono del Disturbo reattivo da attaccamento mostrano scarsa interazione con le figure genitoriali di riferimento e non le ricercano nei momenti di bisogno. Ad esempio, quando questi bambini sono angosciati, non ricercano il genitore per ottenere conforto, nutrimento e protezione. Inoltre, quando manifestano un’emotività negativa risultano insensibili agli sforzi dei caregiver di consolarli.

Per poter fare diagnosi è necessario che il bambino abbia sviluppato la capacità di sviluppare legami selettivi. Per questo non si può fare diagnosi di Disturbo reattivo da attaccamento prima dei 9 mesi di età.

 

 POST-TRAUMATICO-DA-STRESS

 

Trattamento: per trattare questo disturbo si raccomandano interventi di Terapia Cognitivo-Comportamentale e tecniche psico-analitiche espressive e supportive specificatamente rivolte ai bambini e ai caregivers, per aiutare il bambino a sentirsi al sicuro e supportato nell’ambiente che lo circonda e per migliorare le sue relazioni con gli altri.

 

La base eziopatologica di questo disturbo è la medesima del Disturbo reattivo da attaccamento: entrambi i disturbi, infatti, condividono il requisito diagnostico di trascuratezza sociale, ovvero l’assenza di accudimento adeguato durante l’infanzia e insorgono a causa di un ambiente caratterizzato da abusi e dall’impossibilità di sviluppare una relazione di attaccamento con il caregiver.

I bambini manifestano una serie di comportamenti (verbali o fisici) eccessivamente familiari e privi di inibizione nell’approccio e nell’interazione con gli adulti sconosciuti, tanto che non mostrano alcuna reticenza ed esitazione ad allontanarsi con loro (APA, 2013).

 

POST-TRAUMATICO bambini

 

Si tratta di bambini caratterizzati da un’eccessiva emotività. Manifestano una generale e marcata felicità quando entrano in contatto con gli estranei, aspetto che, invece, può essere del tutto assente nei confronti dei “caregivers” (i genitori o le persone diverse dai genitori che hanno il compito di prendersi cura/assistere/accudire il bambino). Quando gli sconosciuti rifiutano le loro emozioni e la loro ricerca di attenzione iniziano a manifestare elevati livelli di ansia e di frustrazione.

I comportamenti di ricerca di attenzione e contatto con gli adulti non familiari, essendo caratterizzati da una totale violazione dei confini sociali-interpersonali (stabiliti dalla cultura di riferimento e appropriati all’età), fanno sì che le persone intorno a loro si sentano a disagio e diventino sospettose nei loro confronti.

I comportamenti sociali disinibiti si estendono anche in adolescenza e si rivolgono al gruppo dei pari, con il quale si instaurano ben presto delle relazioni superficiali e caratterizzate da conflitti.

Questi bambini non presentano rimorso, colpa o dispiacere quando feriscono o deludono le persone intorno a loro.

Trattamento: per trattare questo disturbo si raccomandano interventi di Terapia Cognitivo-Comportamentale e tecniche psico-analitiche espressive e supportive specificatamente rivolte ai bambini e ai caregivers, per aiutare il bambino a sentirsi al sicuro e supportato nell’ambiente che lo circonda e per migliorare le sue relazioni con gli altri.

L’epidemia da Coronavirus oltre a modificare radicalmente la nostra vita e le nostre abitudini, produrrà una serie di disagi legati allo stress che induce nella popolazione.

 

Il rischio maggiore lo corre chi si è ammalato o chi ha persone care che si sono ammalate e di cui solo alcune sono guarite.

 

Incubi legati al periodo di ospedalizzazione, insonnia, irritabilità, immagini ricorrenti, ricordi terribili, che tornano in mente all’improvviso: sono i segni più frequenti del disturbo post-traumatico da stress.

Questi disturbi possono causare un significativo disagio in ambito sociale, lavorativo in altre importanti aree del funzionamento e nella nostra quotidianità.

Chi si rendesse conto di avere tali sintomi deve chiedere aiuto, subito. Sono molteplici le ricerche, tra cui una dell’Università della California a Los Angeles, che dimostrano che quanto prima si interviene, tanto meglio si può risolvere tale disturbo, senza farlo cronicizzare con ripercussioni negli anni a venire.

Medici e infermieri sono ovviamente fra gli operatori più esposti per sviluppare il disturbo: trovandosi in “trincea”, sotto un tremendo stress che li rende più vulnerabili anche nelle difese immunitarie, assistendo direttamente alla morte di centinaia di pazienti che ogni giorno non riescono a sopravvivere nonostante l’impegno profuso, avrebbero bisogno di una decompressione, di un sostegno psicologico, di pause dal lavoro, ma ben sappiamo che durante un emergenza tutto ciò diventa molto difficile e quindi il rischio di esaurimento fisico e mentale, seguito da un PTSD, è molto alto.

Sono diversi gli studi che da anni si portano avanti per valutare gli effetti di eventi e calamità naturali quali guerre, terremoti, inondazioni, ma ad oggi ancora troppo poche le informazioni specifiche sull’epidemia da Covid-19.

Non è una catastrofe naturale o un incidente stradale, ma un nemico invisibile che in maniera prima graduale e poi sempre più violenta è entrato nelle nostre vite, stravolgendo le attività intorno alle quali si svolgeva la nostra intera quotidianità e previsioni future.

Si sente tanto parlare degli effetti fisici della malattia da Covid-19. Qui di seguito vorrei elencare alcuni dei sintomi più rilevanti per identificare il Disturbo post traumatico da stress correlato a Coronavirus: isolamento, ricovero in terapia intensiva, lutto, sono alcune delle situazioni a cui si fa riferimento.

 

1. La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi:

  • Ricorrenti memorie disturbanti della malattia in cui si è avuta un’esperienza diretta col vissuto di poter morire in isolamento a casa o in ospedale
  • Ricorrenti incubi in cui il contenuto è legato al trauma di poter morire o di perdere una persona cara 
  • Flashback che portano il soggetto a sentire e comportarsi come se stesse rivivendo il trauma 
  • Stati intensi e prolungati di disagio psicologico che si attivano da stimoli interni o esterni
  • Reazioni fisiologiche (es. sudorazione intensa, brividi..) marcate che si attivano da stimoli interni o esterni collegati al trauma

 

2. Evitamento costante di stimoli associati agli eventi traumatici:

  • Sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico 
  • Sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico

 

3. Almeno due sintomi tra questi indicati

  • Incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma
  • Pensieri e credenze esageratamente negative e persistenti che riguardano se stessi, gli altri e il mondo
  • Persistenti cognizioni distorte sulle cause e le conseguenze dell’evento traumatico che portano l’individuo ad incolparsi dell’accaduto
  • Uno stato emotivo negativo persistente (ad es. costante sensazione di colpa, vergogna, ansia, terrore)
  • Marcata diminuzione di interessi e partecipazione alle attività quotidiane
  • Sensazione di distacco o straniamento dagli altri
  • Persistente incapacità a sentire emozioni positive

 

4. Sono necessari almeno due dei seguenti sintomi che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico

  • Umore irritabile e scatti di rabbia espressi con aggressioni verbali o fisiche verso oggetti o persone
  • Comportamenti spericolati o auto-distruttivi
  • Ipervigilanza
  • Problemi di concentrazione
  • Disturbi del sonno

Come intervenire?

 

Evitando l’errore peggiore, ovvero “mettere sotto il tappeto” il ricordo traumatico

 

L’esperienza traumatica legata al coronavirus può derivare dal vissuto diretto di poter perdere la propria vita perché ammalato, ad esempio durante il periodo di ospedalizzazione, così come a quello di avere una persona cara gravemente ammalata. Un ulteriore aspetto traumatico caratteristico del trattamento dei pazienti con covid-19 è l’impossibilità o la difficoltà estrema a mantenere contatti diretti con questi pazienti a causa dell’isolamento durante l’ospedalizzazione: se per quasi ogni malattia infatti parenti e amici possono visitare il malato, stargli vicino, assisterlo e sostenerlo, l’alta infettività di questo virus rende di fatto impossibile stare vicino come si vorrebbe ai propri cari malati. E tale limite non si interrompe nemmeno con la morte, tanto che i famigliari dopo la perdita del proprio caro non possono nemmeno piangerlo e accompagnarlo alla sepoltura, di fatto non avviando quel naturale processo di metabolizzazione e accettazione della morte che inizia proprio col funerale e scatenando così possibili vissuti di colpa, fallimento, inadeguatezza.

Molti, preda di ansia o angoscia per l’esperienza diretta con il proprio vissuto di morte o per la morte di persone care, prendono tranquillanti e altri farmaci senza una psicoterapia adeguata. Questo, se può dare un beneficio nel qui ed ora, non consente però di metabolizzare il ricordo consapevole, lo spinge in profondità e crea le premesse per il disturbo post-traumatico da stress.

 

Il trauma va metabolizzato, discusso, affrontato, condiviso perché non riaffiori dopo:

non bisogna avere paura della paura

ANSIA, PAURE, STRESS

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